«Il colpo mi serviva per entrare nella gang»

Il ventunenne sudamericano si giustifica: «Era la mia prova di iniziazione»

Lui, alla storia della baby gang, stavolta non ci crede. E visto che «lui» è l’attuale dirigente del commissariato «Bonola», Andrea Valentino, fino a qualche mese fa a capo dell’ufficio che coordina le volanti, l’Upg (ufficio prevenzione generale) e che ieri mattina ha arrestato un ecuadoregno di 21 anni dopo averlo bloccato mentre rapinava uno studente italiano 17enne, possiamo crederci: anche se il suo arresto avviene proprio il giorno dopo la denuncia di una banda di 4 scalmanati minorenni dello «Stadera», Milano non può ancora dirsi «in balìa» delle baby gang.
«Ho sentito, sì, che il ragazzo, una volta in questura, si sarebbe giustificato per quello che aveva fatto, sostenendo di aver appena rapinato uno studente italiano di 16 anni per superare “l’iniziazione” impostagli da una banda di giovani connazionali per poter far parte del gruppo. Tuttavia non credo dicesse la verità - precisa Valentino -. È un tipo sveglio quello. E di sicuro non alle prime armi. Inoltre ha precedenti per furto e danneggiamento e nel 2003 è stato scarcerato dopo una pena scontata per rapina, quindi...».
Erano le 7.45 di ieri e Valentino stava andando al lavoro in abiti civili. Un giubbotto «Woolrich» grigio-verde con il cappuccio ornato di pelliccia, il passo tranquillo facevano di lui un passante chiunque. Solo che, entrando in metropolitana alla stazione «Crocetta» (linea 3, la gialla), il «passante» ha visto una scena che non gli è piaciuta affatto. E, per fortuna, si è trasformato in poliziotto, mettendosi ad ascoltare, al riparo da una colonna sul mezzanino del metrò.
«Ho notato un ragazzo piuttosto alto e magro che parlava restando di fronte a un altro, più basso e più giovane, appoggiato al muro. Accanto ai due c’era un adulto che stava a guardare. Così mi sono riparato dietro a un muro e ho ascoltato cosa si dicevano. Ho sentito distintamente le frasi: “L’iPod no” e “I soldi sono troppo pochi”. A quel punto ho raggiunto i ragazzi e, mentre l’adulto scappava, mi sono qualificato. Il ragazzo più giovane, un italiano, che sembrava più piccolo dei suoi 17 anni, mi ha detto subito che l’altro, un ecuadoriano (come quello che se n’era andato) lo stava rapinando».
A quel punto Valentino stringe al muro l’ecuadoriano per non farlo scappare, poi lo trascina verso la lunghissima scala mobile per riportarlo in superficie, insieme al ragazzo rapinato. Una volta arrivati su, il dirigente di polizia avverte l’agente di stazione dell’Atm, l’uomo che lo aiuterà a tener buono il giovane straniero in attesa dell’arrivo della volante. «Forse avrà capito che la faccenda si faceva seria per lui - continua Valentino parlando dell’ecuadoriano -. Sta di fatto che prima ha sferrato un calcio all’inguine all’agente Atm, poi una testata a me, ma non l’abbiamo lasciato scappare. Oltre che per rapina, a quel punto, l’ho arrestato per lesioni a pubblico ufficiale e resistenza. Più tardi mi hanno refertato al pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli».


Oltre al cellulare (subito restituito al legittimo proprietario) lo straniero ha nel giubbino solo una bomboletta di spray urticante che ha usato, come fosse un coltello, per puntarla alla schiena dello studente quando l’ha bloccato. L’iPod e il denaro, invece, sono spariti. Li ha portati via il complice adulto, il tipo che stava a guardare mentre l’altro rapinava il ragazzo italiano.

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