Comitato olimpico per l’accoglienza

L’Olimpiade 2020 sarà assegnata fra due anni, a Buenos Aires, ma a Roma (candidata a ospitare l’edizione in oggetto) si sta lavorando già in funzione dell’appuntamento in programma fra due lustri, con l’augurio e la speranza di sbancare il lotto delle pretendenti. Magari contando sul fatto che - appunto fra dieci anni - saranno trascorsi sessant’anni dall’unica edizione («unica» per quel che concerne quelli estivi) italiana delle olimpiadi.
Così è nato il CaRo 2020, ovvero il Comitato d’accoglienza per Roma olimpica presentato ieri mattina in Campidoglio al cospetto del sindaco Gianni Alemanno (che è stato nominato presidente onorario del sodalizio), del presidente della Confcommercio Cesare Pambianchi, del numero uno di Federlazio Maurizio Flammini, del presidente di Confesercenti Valter Giammaria e dell’omologo di Roma Formula Futuro International Umberto Paolucci. Chiaro l’intento dell'iniziativa, quello di mettere la città eterna in vetrina o meglio - come ha sintetizzato Pambianchi «di esporre al mondo una Roma che sia scintillante, curata nel decoro e accogliente». Compito del CaRo 2020, dunque, sarà quello di coinvolgere gli operatori economici della capitale che operano nel turismo, nel commercio e nei sevizi pubblici per realizzare «accoglienza di stampo olimpico». E si interfaccerà, oltre che con le istituzioni, pure con le forze economiche e imprenditoriali che vorranno contribuire alla sua attività. «Roma capitale - questo il canovaccio dell’idea, che sarà formalizzata a settembre - multiculturale dell’arte, del turismo e dello sport è il faro che ispira l’azione del comitato». In che modo? Attraverso la valorizzazione di beni di interesse storico e artistico, organizzando iniziative culturali, concorsi di idee, dibattiti, workshop e manifestazioni sportive. E anche promuovendo il miglioramento di opere di arredo e decoro urbano, migliorando l’offerta ricettiva, migliorando ulteriormente lo sviluppo del turismo nazionale e internazionale.
Insomma, Roma prova a fare quello che avrebbe dovuto fare da sempre, celebrarsi per storia e posizione geografica soprattutto.

Lo farà restando con le dita incrociate per un paio d’anni, con l’augurio e la speranza di non patire la beffa del 2004, quando le fu preferita Atene. Stavolta le maniche sono già rimboccate e la dimostrazione viene elargita dall’iniziativa olimpico-romana.

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