Il commento Le finte lacrime di chi si diverte a buttare i soldi

Le cronache sindacal-politiche negli ultimi tempi ci hanno indotto a lacrimare, senza risparmio di secrezione, sulle condizioni della scuola italiana. Negletta, abbandonata, percorsa da fremiti di rivolta e lasciata senza lilleri, cioè senza fondi e denari.
Protestano i precari, con strepito d’opposizione: chi ci renderà incarico e retribuzioni? Protestano i presidi: come faremo a dare un banco dignitoso ai nostri alunni, come si potranno coprire le più elementari esigenze di ogni istituto?
Si piange – a Napoli si dice che chi lacrima con troppa facilità «chiagne e fotte» – e si scarica il disappunto sul Tremonti troppo sparagnino che ha la pretesa di mantenere in ordine i conti pubblici. E sul governo attuale, che sarebbe ladro anche quando splende il sole.
Fandonie, lacrime finte e irresponsabili. Un accurata indagine ha rivelato che la scuola spreca risorse di tutti con iniziative discutibili – e di questi tempi inaccettabili – per tutti gli italiani che in questa fase avvertono i morsi della crisi.
I soldi si buttano e come dimostra il servizio pubblicato in queste stesse pagine sono proprio i presidi (non tutti si intende) a spargere a piene mani i pubblici denari con iniziative cervellotiche. Fossi in tempo a tornare fra i banchi frequenterei la scuola in cui c’è un corso per barman acrobatico o quella in cui è stato organizzato un corso di barca a vela.
Ma la macchina del tempo non esiste, mentre resiste la creatività balzana di tanti capi d’istituto, estrosissimi nell’inventare ciò che non dovrebbe essere inventato. Per buon senso, o per pudore.
Perché avviene tutto questo? Primo, perché il denaro pubblico ha un’insostenibile leggerezza che lo rende particolarmente volatile fra le mani di manager – burocrati che forse hanno smarrito il ricordo dei fini e delle esigenze della scuola.
Secondo, il malinteso senso dell’autonomia di ogni istituto. Un principio che avrebbe dovuto favorire l’avvicinamento fra le esigenze di studenti e famiglie con la scuola, è degenerato in una corsa a un’originalità bislacca, a un protagonismo deteriore, come se l’istituto scolastico fosse un palinsesto.
Quanti tagli occorreranno perché questo scempio abbia termine? Ma coi fondi sarebbero da tagliare anche tanti presidi.


E non parliamo delle consulenze che gli istituti elargiscono con sovrana e graziosa liberalità sempre che potessi ritornare indietro nel tempo mi iscriverei a quella scuola che ha dedicato un corso didattico al «ballar gioioso». Ho sempre sognato di ballar bene il valzer, ma resto sempre a far da tappezzeria. Pagando, come contribuente, i conti dei gioiosi.

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