Il commento Il «Ground Zero» della vergogna

R isale a pochi giorni fa l’anniversario dell’attentato alle Torri gemelle, che costò 3.000 vittime innocenti. Sui destini dell’immenso cantiere di Ground Zero, dove dovrebbe sorgere la Freedom Tower, infuriano le polemiche. La causa dei ritardi dei lavori, che impediranno l’inaugurazione della struttura tra due anni, è tutta nella lunga disputa fra l'autorità responsabile del terreno e il costruttore, che ha una concessione di 99 anni, e pretenderebbe un finanziamento pubblico di tre miliardi di dollari per costruire due delle tre torri previste. La richiesta di mister Silverstein è dettata dall'impossibilità di reperire fondi privati a causa della crisi del mercato immobiliare. Le due parti negoziano da mesi senza riuscire a trovare un accordo.
Ognuno, evidentemente, ha il Ground Zero che si merita. Ai milanesi, a causa dell’ennesima disputa immobiliare di questa città, tocca da tre anni un cratere a due passi dal centro storico che, oltre a deturpare in modo ignobile il quartiere e a danneggiare forse irrimediabilmente gli esercenti della zona (teatro compreso), è diventato luogo infrequentabile a causa dello spaccio di cocaina indisturbato a qualsiasi ora della sera e della notte. Le cronache dell’estate, spesso a corto di notizie, fecero scoprire agli increduli cittadini le nefandezze del «Ghetto of Milan», una sorta di Scampìa meneghina nascosta tra le case popolare di viale Fulvio Testi. Problema di ordine pubblico interessante e anche un po’ cinematografico.

Di piazza XXV Aprile, che è sotto gli occhi di tutti perchè all’incrocio tra la centralissima corso Garibaldi e corso Como, le istituzioni non parlano più da mesi nè in termini di sicurezza nè di urbanistica, forse perchè il tutto si confonde nel marasma dei cantieri dell’Expo e di City Life. Quanto durerà?

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