Milano può ancora scendere a patti con i centri sociali? Si può scegliere ancora a lungo il quieto vivere?
Ultimo caso: per il Primo maggio le saracinesche resteranno abbassate. La deroga chiesta dalle associazioni dei commercianti e vista con favore dal Comune è stata negata in tutta fretta dopo un vertice sullordine pubblico in prefettura, per «rispettare la festa dei lavoratori», e «in accordo con i partecipanti al tavolo sulla sicurezza». Sul veto sindacale che dire? I sindacati custodiscono lo spirito di quella che è soprattutto la loro festa, anche contrapponendosi alle richieste dei commercianti. Può piacere o no, ma è legittimo. Su tutta la vicenda, però, pesa come un macigno la paura di tensioni e scontri. Si temeva in pratica che i «ragazzi» dei centri sociali potessero minacciare direttamente e danneggiare i negozi colpevoli di sacrilegio contro il Primo maggio.
In altre città, a Torino per esempio, città amministrata dalla sinistra, gli esercizi commerciali hanno ottenuto tranquillamente la deroga - e i consumatori apprezzano. Milano però non riesce a essere una città normale. E il sospetto è confermato dal rinvio del raduno sportivo in memoria di Sergio Ramelli, il giovane di destra vittima 35 anni fa di un assassinio politico. La manifestazione poteva non piacere. Ma è stata prima annullata e poi spostata - anche qui - per «ragioni di opportunità legate allordine pubblico». E anche qui sono stati i «ragazzi» del Cantiere e dei centri sociali a chiuderla. Non solo: hanno esercitato una sorta di potere ispettivo, andando a verificare leffettiva cancellazione del torneo, al Lido, per poi proporre la sostituzione della manifestazione con un«Abba Cup» da dedicare al povero ragazzo di colore ucciso in via Zuretti.
Insomma, dopo le infami aggressioni del 25 aprile una trascurabilissima minoranza della sinistra antagonista continua ad allargare la sfera della sua arroganza: fa, disfa, propone e dispone.
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