(...) in maniera sempre più aggressiva sui mercati internazionali. In altre parole: come e in che modo, il mondo dell'impresa lombarda si pone in termini di competitività sia essa locale sia globale. Storicamente, prendendo come riferimento la fine della Seconda Guerra Mondiale e sino alla fine del decennio scorso, la concorrenza era sostanzialmente fra contesti per così dire democratici con regole omogenee. I maggiori Paesi industriali avevano infatti come perimetro le democrazie occidentali: un equilibrio tra strutture democratiche, impresa e lavoro. Oggi, invece, il nuovo scenario vede sui mercati sia Paesi democratici che hanno fatto della redistribuzione economica un elemento essenziale del rapporto impresa-lavoro, sia Paesi che non hanno molte delle regole che riguardano la tutela del lavoro dellambiente o meglio hanno pochi elementi di riferimento. In sostanza una differenza fondamentale. Questa sperequazione porta quindi all'esasperazione della competizione in rapporto ai diversi costi di sostenibilità tra Europa e soprattutto Paesi asiatici, con questultimi che godono di una pressoché assenza della difesa del lavoratore e conseguentemente dei relativi costi. Infatti, con sempre maggiore insistenza, vediamo prodotti anche di elevato contenuto tecnologico offerti a basso costo anche con un serio problema di tutela dei brevetti industriali. Nonostante questo contesto, Regione Lombardia coi suoi 330 miliardi di euro di Pil precede stati come Austria, Norvegia, Grecia e Danimarca, posizionandosi tra le prime 25 economie del mondo. Ecco perché oggi deve ripensarsi non solo come una Regione del nostro Paese, ma soprattutto come un vero e proprio Stato che deve confrontarsi con altri Stati, dotandosi di strumenti che consentano di misurarsi in maniera adeguata. Nel 2008 Regione Lombardia rappresentava il 17% del Pil nazionale ed era la regione nazionale col maggior numero di imprese attive, pari a 830 mila. Questi importanti primati devono essere il punto di partenza di un nuovo sistema che consenta di proporsi sui mercati lungo direttive ben definite. Si pensa infatti ad una regione che consolidi la propria struttura costituita da micro e piccole medie imprese che propone interventi atti a valorizzare innanzitutto il capitale umano e sostenendo la ricerca e linnovazione, puntando soprattutto a rafforzare l'aggregazione tra imprese, reti d'impresa, meta distretti e distretti industriali. Regione Lombardia non sottovaluta gli effetti del difficile momento in corso, infatti ha messo a disposizione ad esempio ingenti risorse, circa un miliardo e mezzo di euro per la cassa integrazione in deroga per quelle imprese che abbiano meno di 15 addetti. E tuttavia proprio a superamento della crisi si proporrà l'ampliamento degli strumenti della cosiddetta dote lavoro, introducendo nel contesto del federalismo fiscale la dote impresa, incentivando produttività e meccanismi di armonizzazione famiglia-lavoro, promuovendo quel binomio inscindibile tipico di un sistema costruito nei decenni tra impresa e famiglia e che rappresenta non solo un modello economico, ma bensì anche sociale. Un binomio che, se messo nelle condizioni adeguate di continuare a progredire trasferendo, come da sempre, competenze da generazione in generazione non però con una visione romantica, ma bensì contestualizzata a quella del ventunesimo secolo. Da questo presupposto ecco la messa a punto di nuovi strumenti finanziari regionali per favorire la nascita di nuove imprese, strumenti amministrativi in grado di favorire lattrattività, la semplificazione e il dialogo sempre più forte tra imprese, enti locali e soggetti no-profit, rafforzando il rapporto col sistema commerciale. Ecco perché vedo positivamente tutte le forme che consentono di creare alleanze strutturate come per esempio la recente nascita di rete Imprese Italia.
Dentro a queste possibilità c'è la sfida di pensare sostanzialmente «in piccolo», che è la cifra della nostra rete produttiva e della quale dobbiamo andare orgogliosi.*vicepresidente
industria, artigianato, edilizia, cooperazione
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