Il commento Il santo di Assisi e i politici nepotisti

Santo Francesco non amerà queste parole, era schivo verso i complimenti e gli onori, li lasciò consapevolmente quando seguì il suo «Tesoro». Per sapere cosa avrebbe detto Francesco davanti alla gestione politica e ambientale degli ultimi cinquant’anni, basterebbe ricordarsi che l’umanesimo ecologico di cui parlò prima Wojtyla e da ultimo Papa Benedetto nella Caritas in Veritate, non deriva dall’amicizia con gli uccellini o con i lupi.
Francesco non è il patrono degli orsi bruni della Maiella, come disse il povero Pecoraro Scanio, è l’amante delle Creature perché segni, anche quelle inanimate, del Creatore. Ora le diverse e disastrose vicende che hanno interessato il nostro Paese non possono lasciarci indifferenti, l’idea di ambientalismo «solitario», non relazionato al Creatore, fine a se stesso e alla salvaguardia delle specie animali, non basta. Non bastano le regole e i regolamenti, più o meno dettagliati, quando manca una responsabilità verso l’Altro e dunque, la concretezza della tragedia di Messina ce lo sbatte in faccia, verso gli altri.
Ah, ci fosse Francesco non solo non tacerebbe la sua solidarietà, non solo accorrerebbe a dare una mano, certo non tacerebbe verso quegli amministratori colpevoli e disonesti che hanno contribuito alla morte di tanti concittadini e messo in pericolo centinaia di persone. Francesco era schietto, ai «signori» del tempo non le mandava certamente a dire, non aveva peli sulla lingua e non perché fosse spregiudicato, ma perché amava guardava alla sostanza delle cose e alla salvezza delle anime. Voleva cambiare il mondo e lo cambierebbe ancora oggi, ben al di là delle costosissime lobby di Al Gore.
Sì, Francesco prenderebbe a male parole sindaci, amministratori, funzionari e controllori vari che invece di rispettare l’ambiente e le famiglie, hanno anteposto l’interesse elettorale, le convenienze parentali, il consenso e il successo proprio al bene comune. L’egoismo ha minato non solo le azioni di quei tali, ma ha pure (non poteva essere diversamente) minato l’ambiente, tanto quello del territorio quanto quello della società. Infatti pochi hanno denunciato per tempo, pochissimi hanno controllato, i nuovi amministratori per decenni hanno proseguito sulla medesima strada spregevole. Ora, se vogliamo ricostruire l’ambiente dopo i disastri non basterà togliere il fango dobbiamo muoverci nella duplice direzione che emerge dalle tragedie dell’Abruzzo e, soprattutto, di Messina.
È necessario un piano decennale di sicurezza abitativa e ambientale che valga per tutto il territorio nazionale e, con la sua durata, obblighi qualunque maggioranza e opposizione in questa direzione urgente. Ancora, è assolutamente indispensabile evitare che si ripetano le colpe amministrative. Chiunque abbia governato in questo decennio a Messina e sia riconosciuto colpevole, deve essere punito con sanzioni esemplari, con pene forti, con pubblica censura di ricoprire incarichi pubblici ed elettivi «sine die».


Si deve ripartire con il piede giusto, un nuovo umanesimo ecologico, una chiara regola di comportamenti pubblici, una comune ricerca del bene collettivo per i cittadini e per l’ambiente. Settant’anni fa Francesco era proclamato patrono d’Italia, qualche giorno fa la tragedia di Messina, riflettiamo bene sulle vicende, abbiamo tanto da imparare da questi due avvenimenti.
*Parlamentare Udc

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