Il Comune: «Più moschee? Scelgano i centri islamici» Ed è emergenza Ramadan

Il primo agosto inizierà il mese sacro che i musulmani dedicano al digiuno e alla preghiera. Il mese che a Milano evidenzia il problema - tale almeno a giudizio della comunità islamica - della «moschea», vale a dire la mancanza di uno o più luoghi di culto.
Tre le questioni che si accavallano: gli appuntamenti quotidiani e diurni, la preghiera quotidiana della notte, e infine la grande (e partecipatissima) festa finale che chiude il mese sacro. I maggiori centri cittadini, la Casa della cultura islamica di via Padova, e l’Istituto culturale islamico di viale Jenner, si preparano all’appuntamento. Il comitato dei residenti di Jenner-Farini si è spesso lamentato per rumori, confusione e odori (il rito prevede anche un abbondante pasto dopo il tramonto), e la richiesta di una sistemazione alternativa non fa che coincidere con la storica istanza dell’Istituto, che da 20 anni chiede di essere spostato altrove. Il sindaco, in campagna elettorale, ha parlato proprio dei piazzali contigui al Palasharp come di un’area candidata a ospitare una moschea.

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E qui si apre un’altra questione, perché il centrosinistra ripete di voler tutelare il diritto di culto, ma poi come si traduce questo principio? Il direttore della Casa di via Padova, per esempio, chiede più luoghi di culto: «C’è un discorso avviato con Aldo Brandirali (ex assessore e presidente di commissione, ndr) per più luoghi di culto. Una sola moschea non risolve i problemi, anche perché si pone la questione di chi la gestisce. Io dico pensiamo a 3,4,5 luoghi dignitosi, poi se il Comune vuol farne una ne discuteremo».

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