"La concorrenza con le telematiche. Abbiamo i fondi da spendere bene"

Da 10.000 iscritti arrivati a 40.000, parla Marco Emilio Orlandi: "Lezioni e laboratori sono fondamentali ma in presenza"

"La concorrenza con le telematiche. Abbiamo i fondi da spendere bene"
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Ci sperava - ovviamente - ma non si aspettava davvero di passare subito così al secondo turno e con maggioranza assoluta. Anche perché in Bicocca, non era mai successo in 25 anni di storia. Un plebiscito, praticamente per Marco Emilio Orlandi, 62 anni, professore ordinario di Chimica analitica, Prorettore Vicario e da quest'anno anche Prorettore alla Ricerca e presidente della Fondazione, che dal primo ottobre raccoglie l'eredità di Giovanna Iannantuoni alla guida dell'ateneo.

Prima sensazione?

"Direi che sono un po' frastornato. Non mi aspettavo che avvenisse tutto così in fretta, anche se ci speravo. Ma la maggioranza assoluta non era facile".

Lei praticamente ha visto nascere la Bicocca.

"Ho iniziato come borsista in Statale, Chimica organica e industriale quando ancora la Bicocca non c'era. Poi nel 1999 sono stato preso come ricercatore nel Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e del Territorio. La Bicocca era nata solo da un anno".

Ha visto crescere la Bicocca che ora guiderà, fin da suo inizio. Come era allora?

"Era una piccola università del nord est di Milano, con poco più di 10mila studenti. Adesso è una grande università con 40mila studenti e circa 1.300 insegnanti".

La prima cosa che farà?

"Porterò avanti il semestre filtro di Medicina. Stiamo cominciando adesso e finiremo proprio quando ci sarà il cambio, a ottobre. Inoltre ci sarà da gestire il post Pnrr. Come Bicocca abbiamo avuto tante risorse, 115 milioni di euro su vari progetti di ricerca e anche questo si concluderà tra un anno. Bisognerà fare vedere che tutti soldi siano stati spesi bene. E infine affrontare la concorrenza delle telematiche. Si sono sviluppate nel post Covid con il loro modello basato sull'insegnamento a distanza. Ma noi riteniamo che sia necessario vivere la vita universitaria, che i laboratori sono fondamentali in presenza. Anche noi abbiamo la digitalizzazione dell'università ma è uno strumento come altri. L'università è e deve restare in presenza. Ed è un punto centrale. Credo che una buona formazione non può esimersi dal fatto che uno studente viva l'università".

Sempre che ci siano ancora gli studenti...

"Quello dell'inverno demografico è un tema che dobbiamo affrontare. Ma credo che gli studenti che arrivano dall'estero li abbiamo a pochi chilometri da casa. Sono i cosiddetti studenti delle seconde generazioni, solo il 5% di loro va in università. Se si riuscisse a spingerli ad iscriversi...".

Come, per esempio?

"Con borse di studio ma soprattutto con un orientamento mirato nelle scuole superiori. In questo senso c'è molto da lavorare. In Italia la percentuale dei ragazzi in generale che si iscrive all'università è ancora bassa. Dobbiamo far capire che l'istruzione universitaria è un vantaggio competitivo. Lo è, noi ne siamo consapevoli, ma non riusciamo a trasmette questa informazione. Poi ovviamente bisogna offrire servizi, c'è il problema abitativo. È un punto importante specie per Milano. Noi stiamo cercando di aprire i nuovi studentati, U10 e U50 ma i posti non basteranno. Per questo stiamo cercando di fare convenzioni pubblico privato".

Fuga dei giovani cervelli all'estero. Lei è stato uno di questi con la sua esperienza all'Università di Helsinki.

"Ed è stata un'esperienza molto positiva. Per avere una buona formazione in quasi tutti campi, è giusto andare fuori un anno, due o tre, specie nella ricerca è fondamentale. Il problema non è tanto di chi parte, ma di coloro che non rientrano. Dobbiamo offrire condizioni almeno paragonabili di quelle che trovano all'estero per invogliarli a tornare. Milano è una bellissima città, che offre molte attrattive ma anche cara, con stipendi non molto competitivi. Ma sarebbe meglio agire a livello di sistema".

Quanto è importante la Ricerca per l'Università?

"È fondamentale. Una buona università fa una buona didattica se fa una buona ricerca. Un aspetto su cui stiamo lavorando, trasmettere risultati della ricerca al sistema, lavorando con l'industria".

Quale Bicocca vorrebbe lasciare nel 2031, a fine incarico?

"La immagino come un'università sempre

più importante a livello regionale ma anche italiano, per l'innovazione e la didattica. Uno dei motori della crescita dell'Italia. Questo è lo scopo. Ci sono tante sfida ma la speranza è di trasformarle in un'opportunità".

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