Condannati alla cecità per un farmaco negato

«Ciechi e con gravi disturbi neurologici per colpa della burocrazia e di un sistema sanitario nazionale che non rimborsa ad ospedali e università un farmaco utile per contrastare la nostra malattia». È lo sfogo dei pazienti colpiti dalla malattia di Beçhet, patologia che colpisce ogni anno due italiani ogni 100mila abitanti. Una delle tante malattie rare, diagnosticata spesso con ritardo, che porta nel 20-30 per cento dei casi alla cecità. A lanciare l’appello è Alessandra Del Bianco, segretario nazionale dell’associazione italiana sindrome e malattia di Beçhet (Simba).
Il farmaco che si è dimostrato efficace per arrestare la malattia si chiama infliximab, ed è attualmente utilizzato per malattie quali artrite reumatoide, artrite psoriasica e spondilite anchilosante. «Un mese e mezzo fa - spiega il segretario Simba - abbiamo inviato una lettera al ministero della Salute affinché indicasse questo farmaco come utile per la lotta alla malattia, ma non abbiamo ancora ricevuto risposta». In attesa dell’indicazione ad hoc, comunque, i malati dovrebbero poter usufruire di una legge (648/96) che prevede l’istituzione di un elenco di medicinali erogabili se non esiste una valida alternativa terapeutica.


«Per quindici anni la mia vita ha ruotato attorno all’atletica leggera, e quando un giorno mi è stata diagnostica la malattia di Beçhet mi è crollato tutto addosso. Poi mi sono “rialzato” e ho iniziato le cure: oggi sto meglio e posso ancora sognare le Olimpiadi di Pechino». È la confessione di Francesco Scuderi, il più forte e talentuoso velocista azzurro degli ultimi anni.

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