«Per conquistare Tursi, non serve pescare a sinistra»

«Per conquistare  Tursi, non serve  pescare a sinistra»

di Claudio Papini*

Caro Lussana, leggendo il suo fondo (Umili consigli per le elezioni) mi rendo ancora una volta conto che c'è bisogno del Giornale (e dunque delle pagine genovesi e liguri) per riuscire a mantenere efficacemente la rotta del buon senso nelle vicende del P.d.L. locale. Resto convinto che il buon senso in politica sia comunque necessario (questo purtroppo non vuol dire che sia sufficiente per vincere e via via consolidare l'eventuale vittoria). In questo momento tra l'altro si avverte una carenza di leadership sia a Genova sia in Liguria che pregiudica nell'immediato (speriamo non a lungo termine) le possibilità di un confronto autentico con il centrosinistra. È per questo che il Giornale diventa uno strumento indispensabile, sia attraverso il dibattito sia nelle conclusioni e nell'orientamento di linea, per cercare di tenere insieme un elettorato che dalle recenti conflittualità (locali e nazionali) è stato alquanto scompaginato. Non dobbiamo nasconderci che localmente il polo arroccato e forte è quello della Lega Nord che, se pur inferiore come quantità di voti al P.d.L., è riuscita negli ultimi tempi a dimostrare una invidiabile compattezza. Questo è certamente un bene per la coalizione ma pone maggiormente in evidenza il problema delle divisioni all'interno del Popolo della libertà. L'eccessiva elasticità, anche se non porta a lacerazioni effettive, finisce per logorare coloro che s'impegnano o lo vorrebbero fare. In politica la mancanza di certezze è intollerabile. Non basta l'uso carismatico e disinvolto del termine «verità» per poter ovviare alla situazione presente. Occorre rivedere a fondo la struttura cittadina, provinciale e regionale del P.d.L. e rilanciare il movimento nelle piazze, assecondando lo sforzo nazionale in previsione di possibili nuove elezioni politiche generali. A Genova e in Liguria il P.d.L. deve ritrovare una forza unitaria sull'esempio di quella della Direzione Nazionale e non continuare a frantumarsi in umbratili pseudocorrenti che oscillano a causa di personalismi a mezza strada fra la già invecchiata sirena finiana e la fedeltà «al tetto natio». Non so quanto le fondazioni possano essere efficaci in questo senso: può darsi che siano uno strumento efficace a risorgere per Claudio Scajola o un mezzo per evitare «scherzi» da parte di Enrico Musso. Resta la perplessità su queste cristallizzazioni puramente personali.

È vero che la struttura del Popolo delle Libertà deve essere agile, lontana da quei carrozzoni che erano i vecchi partiti (anche se quei carrozzoni consentivano a giovani di fare davvero esperienza politica, prima di essere catapultati nelle istituzioni), ma non può essere così assente, come lo è stata, in relazione agli avvenimenti di questi ultimi mesi.
*Docente di filosofia

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