CONSIGLIO COMUNALE

Saltata la seduta tra le polemiche. Albertini: «Se mi dimetto c’è chi stappa lo champagne»

«Credo che una mia eventuale lettera di dimissioni ormai sarebbe inefficace, anzi, qualcuno stapperebbe una bottiglia di champagne». La prende con ironia il sindaco Gabriele Albertini. La seduta straordinaria del consiglio comunale fortemente voluta da lui e dalla giunta per approvare in corner una ventina di delibere di urbanistica considerate urgenti si è chiusa subito per mancanza del numero legale. Non tanto per colpa dell’opposizione, che venerdì aveva fatto appello al prefetto Gian Valerio Lombardi perché bloccasse le sedute straordinarie (la legge prevede che nei 45 giorni che precedono il voto si portino in consiglio solo provvedimenti resi necessari da scadenze di legge o che, non approvati, determinerebbero un danno economico per il Comune) e anche ieri era sul piede di battaglia. Ma sui banchi della Cdl, compreso il sindaco, si contavano solo 18 consiglieri: in seconda convocazione ne servivano almeno 21. «Le consideravo delibere urgenti, tant’è che c’ero - spiega Albertini -, ma si vede che l’aula non le ha ritenute tali». Un’eventuale seduta il 22 maggio per votare la vendita di San Siro sembra utopia: «C’è ancora qualche giorno, spero in un ravvedimento operoso dei consiglieri. Ma ormai mi pare molto improbabile».
Il capogruppo di Fi Manfredi Palmeri se la prende «con lo scarso senso di responsabilità da parte dei colleghi di maggioranza che avevano il dovere e l’interesse di partecipare», ma anche con l’opposizione che «per l’ennesima volta non è entrata facendo un danno alla città». Matteo Salvini, capogruppo della Lega, sottolinea che «a differenza di Fi e An, il Carroccio era al completo.

I milanesi ci pagano per esserci». Ma Stefano Di Martino e Carla De Albertis, capogruppo e consigliera di An, assicurano: «Saremmo arrivati in tempo, se qualcuno ci avesse comunicato che il consiglio era anticipato di un’ora».

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