Milano - Prima svolta nelle inchieste sulla regolarità dell’operazione finanziaria attraverso cui la holding Ifil è rimasta saldamente in sella alla Fiat, evitando che il controllo del gruppo passasse alle banche (e a eventuali nuovi soggetti) nel momento cruciale del risanamento del Lingotto. La Consob, in proposito, non è stata tenera: 16 milioni di sanzioni complessive per il presidente dell’Ifil, Gianluigi Gabetti, l’avvocato e consigliere della società Franzo Grande Stevens, l’amministratore delegato della «cassaforte» Ifi, Virgilio Marrone, nonché la Ifil stessa e l’accomandita Giovanni Agnelli & C Sapa. Gabetti, Grande Stevens e Marrone, inoltre, non potranno assumere incarichi amministrativi, rispettivamente, per sei, quattro e due mesi.
L’Autorità di Borsa, dopo una lunga inchiesta, ha riconosciuto la responsabilità dei vertici delle holding Ifi e Ifil, che fanno capo alla famiglia Agnelli, per l’emissione di due comunicati che davano «una falsa rappresentazione della realtà» all’epoca dell’operazione di equity swap di cui parliamo a parte. Particolarmente grave, a giudizio della Consob, è la posizione di Gabetti (5 milioni di multa), per il «ruolo decisivo effettivamente svolto nel processo decisionale che ha portato alla definizione dei contenuti dei comunicati stampa, culminato nel rilascio dell’autorizzazione alla loro diffusione al mercato». L’Autorità, in proposito, nel parlare di «carattere doloso delle violazioni», rileva anche «l’esperienza in materia societaria e di mercati finanziari» da parte del tutore della famiglia Agnelli. Il consiglio di amministrazione dell’Ifil si è subito riunito per esaminare il provvedimento sanzionatorio. Guidato dal vicepresidente vicario John Elkann e assenti, per ragioni di opportunità, sia Gabetti sia Grande Stevens, il cda ha deciso di presentare ricorso. Alla Consob è stato inviato un quesito scritto per conoscere se le sanzioni amministrative accessorie (l’incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell’ambito di società quotate) non siano applicabili fino a che sia pendente il giudizio di opposizione. L’Authority, che ha applicato il Tuf (Testo unico di finanza) del 1998 tenendo conto delle modifiche successive dettate dal recepimento delle direttive Ue, valuterà il ricorso in tempi brevi. Ieri Elkann ha ribadito come «l’operazione è stata condotta nel pieno rispetto della legge e senza alcuna manipolazione del mercato, essendo diretta a conservare il ruolo della società quale azionista di riferimento della Fiat e assicurando la stabilità necessaria al buon esito del suo rilancio». Solidarietà ai soggetti interessati dal provvedimento è stata espressa anche dal cda dell’Ifi. Disappunto dai vertici del Lingotto: il presidente Luca Cordero di Montezemolo ha ricordato che «senza lo swap non ci sarebbe la Fiat di oggi». Sulla stessa linea d’onda l’ad Sergio Marchionne: «La scelta dell’Ifil è stata corretta, equa e onesta e ha permesso di evitare la fine della Fiat».
Ma il caso equity swap ha un risvolto anche penale su cui sta indagando la Procura di Torino.
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