«Con l'apertura dell'Elfo Puccini Milano si riappropria di un luogo storico restituendo ai cittadini un teatro europeo, bellissimo e all'avanguardia», aveva dichiarato Letizia Moratti presentando nel marzo scorso la nuova sede, elegante multisala (di proprietà del Comune di Milano) ricavato nell'ex cinema teatro di inizi Novecento in corso Buenos Aires 33. «Sarà un teatro patrimonio della città», le avevano fatto eco Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, i due «boss» dello storico teatro d'avanguardia, «in grado di ospitare anche altri spettacoli dal vivo, come la musica dal vivo». L'ora del primo live è arrivata. Domani, da pomeriggio a sera, all'Elfo Puccini andrà in scena «African Day», maratona musicale inserita nella programmazione della quarta edizione di «MITo SettembreMusica» che vede come principale partner dell'evento Eni, che da tempo sostiene e valorizza numerosi eventi culturali e artistici dagli ampi risvolti sociali. Il connubio tra l'Africa e l'azienda fondata da Enrico Mattei è tutt'altro che casuale. Lo testimoniano una lunga storia di relazioni e accordi di cooperazione costruiti in più di 50 anni di presenza nel Continente nero. Presenza di straordinario rilievo: basti ricordare che Eni è presente in Africa in 15 Paesi ed è la principale «major petrolifera» in termini di produzione.
I protagonisti dell'happening africano? Si comincia alle 16 in sala Fassbinder (ingresso gratuito) con il quartetto di Anouar Brahem, classe 1957, tunisino, uno dei più grandi maestri dell'oud, il liuto arabo. Musicista che sfugge a ogni classificazione, si definisce ironicamente un «enfant de la tradition che si è preso molte libertà» e, in effetti, le sue composizioni fondono sorprendentemente le sonorità classiche arabe con motivi folk e con il jazz. Lo strumento di Brahem, virtuoso e improvvisatore dal magnetismo fuori del comune, indurrebbe a pensare a una musica di matrice araba e mediterranea; ascoltandolo si scoprono invece allusioni ad altre realtà sonore, che generano raffinate atmosfere e particolari stati d'animo.
Alle 18, stavolta in sala Shakespeare (ingresso 5 euro), toccherà a Tony Allen, nigeriano, classe 1949, lo storico batterista del leggendario Fela Kuti, inventore dell'afrobeat (un mix esplosivo di funk alla maniera di James Brown e jazz dai contenuti ultrapoliticizzati), considerato fra i più influenti artisti africani del XX secolo. Tra le icone contemporanee della musica etnica e a Milano alla testa dell'omonima band, Allen ha dimostrato di non disdegnare collaborazioni con artisti pop-rock: di recente Damon Albarn dei britannici Blur e l'ex chitarrista dei Clash Mick Jones hanno dato vita assieme al nigeriano al supergruppo The Good, the Bad & The Queen, mentre Flea dei Red Hot Chili Peppers ha suonato nel suo ultimo lavoro.
In chiusura, alle 21 in sala Shakespeare (ingresso 10 euro), l'algerino Idir, nome d'arte di Hamid Cheriet. Nato nella regione della Cabilia nel 1949, deve la sua fama soprattutto al pezzo d'esordio "A Vava Inouva" del '73, una hit tradotta in numerose lingue.
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