«Contro la ’ndrangheta con gli stessi metodi del terrorismo»

«É come ai tempi delle Brigate rosse, bisogna utilizzare in questa battaglia metodi che in tempi normali potrebbero sembrare poco garantisti: per questo, in attesa di chiarire la loro posizione, abbiamo tolto qualunque mansione lavorativa ai dipendenti i cui nomi compaiono nell’inchiesta». Così Roberto Colombo, presidente dei Ianomi - il consorzio pubblico per le acque del nord Milano - annuncia ieri la «linea dura» dopo l’arresto nel blitz contro la ’ndrangheta della settimana scorsa di un funzionario della Ianomi. Non un caso isolato: Osvaldo Vetrano, affiliato alla cosca Mandalari, secondo i pm era stato assunto alla Ianomi grazie ad un altro dipendente del consorzio, Franco Simeti. E a sua volta, appena assunto, aveva fatto entrare in azienda due ragazzi «affidabili».
Adesso Vetrano è in carcere per associazione mafiosa, ma i vertici di Ianomi lo dipingono come una sorta di dottor Jekyll: «Qui si è sempre comportato bene, in modo persino deferente, sempre volonteroso», mentre dalle intercettazioni emerge un Vetrano che sul luogo di lavoro si vanta dei suoi quarti di nobiltà malavitosa, a volte per farsi bello, se necessario per intimidire.
Non del tutto chiaro è come faccia Vetrano a venire assunto nell’azienda. Ianomi è un’azienda pubblica, però assume senza concorso, semplicemente con una selezione interna.
Da questa selezione, sostengono i vertici, Vetrano viene classificato al terzo posto: ma i primi due classificati, per motivi non chiariti, rinunciano all’assunzione. E il picciotto dei clan viene chiamato.

Nelle intercettazioni, è il boss Vincenzo Mandalari (oggi svanito nel nulla) a raccontare di avere avuto la certezza dell’assunzione di Vetrano attraverso il suo amico Franco Simeti: ovvero l’assessore diessino di Bollate che si era alleato con i boss per ribaltare la giunta di centrosinistra di cui lui stesso faceva parte.
La chiamata di Mandalari è del 19 settembre 2008. Il 9 ottobre Vetrano viene assunto.

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