Coppie di fatto, la Diocesi di Roma bacchetta Marrazzo. Il settimanale diocesano Roma-sette (in edicola oggi con Avvenire) si chiede, in un articolo del direttore Angelo Zema: «Regione e famiglia: perché ricadere nello stesso errore?». Il riferimento è alla decisione della Giunta, su proposta di Marrazzo, di dar mandato allassessore alle Politiche sociali perché predisponga un provvedimento da allegare alla prossima finanziaria regionale, «finalizzato a prevedere forme di assistenza indirizzate a persone che risultino legate da vincoli affettivi e conviventi anagraficamente con carattere di stabilità, al di fuori dei casi ricompresi nella legge regionale 32/2001», approvata nella scorsa legislatura, «che - ricorda il periodico - aveva giustamente previsto interventi a sostegno della famiglia fondata sul matrimonio». Sei anni dopo - sottolinea Zema - «sembra ripetersi, purtroppo, ciò che accadde il 15 ottobre 1999, quando il consiglio regionale approvò una legge» sulla programmazione degli interventi a sostegno dei nuclei familiari che «metteva in secondo piano la differenza essenziale che esiste tra la famiglia legittima fondata sul matrimonio ed altre forme di convivenza». Ora invece la famiglia fondata sul matrimonio «viene declassata a nuclei familiari di tipo tradizionale, e si prevede di estendere i benefici previsti a suo favore alle altre forme di unione, che comprendono evidentemente anche le unioni omosessuali. Per giustificare un simile provvedimento si richiamano genericamente gli articoli 2 e 3 della Costituzione, trascurando larticolo 29 che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».
Il «ragionamento sottinteso», secondo il settimanale, è che «alla luce dei diritti inviolabili delluomo e delluguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (articoli 2 e 3), sarebbe lecito, anzi doveroso, parificare per vari aspetti le cosiddette coppie di fatto alle famiglie regolarmente sposate». Dunque, cè «unevidente mancanza di logica, dato che a situazioni profondamente diverse non può corrispondere un trattamento uguale». Basta leggere le pronunce della Consulta. «Soprattutto, una tale assimilazione - incalza Zema - sotto lapparenza di venire incontro a situazioni meritevoli di aiuto (...), produrrebbe un gravissimo danno sociale, rendendo ancor più difficile, specie per le giovani coppie, percepire lautentica natura e il valore del matrimonio, che come ha detto il Papa (...) è unesigenza intrinseca del patto dellamore coniugale e della profondità della persona umana (...)». E ancora. Il Pontefice - ricorda il periodico - aveva precisato che «le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio (...) sono espressioni di una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione delluomo».
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