Così il Dna trovato sulla coca ha incastrato lo spacciatore

Il pusher identificato grazie alle tracce genetiche sullo zaino. Aveva abbandonato il carico in una cantina più di un anno fa

Così il Dna trovato sulla coca ha incastrato lo spacciatore
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È un giorno del lontano dicembre 2023 e un uomo sudamericano, regolare e che non ha mai avuto problemi con la giustizia, attraversa la città con uno zaino in spalla. Non è suo, l'ha trovato per caso e vuole portarlo all'ufficio oggetti smarriti della polizia locale. Non sa che dentro ci sono ben due chili di cocaina purissima. Per sua fortuna, lungo il percorso verso la sede di via Friuli non incappa in alcun controllo delle forze dell'ordine: avrebbe fatto molta fatica a giustificare il possesso di tutta quella droga. Da questo episodio del tutto fortuito è nata un'indagine lunga, complessa e non usuale, che ha portato a incastrare un grosso pusher grazie all'analisi del Dna.

Ecco tutta la storia, raccontata dai protagonisti, i commissari Marco Luciani e Federico Bordoni dell'Unità investigativa dei vigili. Il cittadino di origini sudamericane è legittimo assegnatario di un alloggio popolare gestito da MM in via Civitavecchia e della relativa cantina. Un anno e mezzo fa scopre che proprio la porta della sua cantina è stata forzata e che dentro qualcuno ha abbandonato uno zaino alquanto sospetto. Sporge denuncia per effrazione e consegna lo zaino agli Oggetti smarriti. Ha probabilmente intuito che la merce dentro lo zaino "scotta". Infatti gli agenti trovano due chili di coca pura al 95 per cento, che avrebbe potuto essere suddivisa in migliaia di dosi e venduta sulla piazza milanese ricavando al dettaglio quasi mezzo milione di euro. Ci sono anche tutto l'occorrente per il confezionamento della droga e un bilancino di precisione. È su questi oggetti, in particolare su bilancino e spallaccio (bretelle) dello zaino, che si concentra la ricerca di materiale biologico. Grazie alla collaborazione con la polizia Scientifica si trovano le tracce genetiche, forse residui di sudore o di pelle, ed è possibile isolare un profilo Dna. Con la pista genetica e con l'inserimento del profilo nella Banca dati nazionale del Dna, che ha restituito un match, cioè una corrispondenza, gli investigatori riescono a identificare il vero proprietario del carico di cocaina.

Il risultato è stato possibile perché l'uomo poi arrestato, un cittadino marocchino di 32 anni con precedenti penali sempre per spaccio, era già stato fermato in passato ed era stato sottoposto al tampone salivare previsto in questi casi. "Il ricorso alla Banca dati del Dna per questo tipo di reati - spiegano Luciani e Bordoni - è un caso quasi unico, ma rappresenta uno strumento utilissimo da tenere presente in futuro". Una nuova frontiera delle indagini per droga, anche perché i metodi investigativo tradizionali, come pedinamenti, intercettazioni e impronte, incontrano ostacoli sempre maggiori. Il pm Rosario Ferracane, titolare dell'indagine, ha dato l'input e il gip ha approvato il metodo nell'ordinanza di custodia cautelare che ha firmato. "La traccia genetica è stata incrociata con un altro importante dato. L'indagato, da noi già conosciuto, infatti era stato ripreso dalle telecamere nelle vicinanze della cantina.

È probabile che sia stato costretto ad abbandonare la droga e che volesse tornare a prenderla in un secondo momento". Il 32enne è stato fermato a Malpensa a giugno scorso, rientrava in Italia dopo un lungo periodo nel proprio Paese.

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