I l più sorpreso dell'odierna (h 18) rassegna del Comune, organizzata dall'associazione Dioniso al cinema Gnomo di via Lanzone e intitolata «Padri e figli: Dino e Marco Risi» è Marco Risi stesso, che ne ha saputo indirettamente, mentre è impegnato altrove con un nuovo film. «E' come se la mia città - mi dice Marco - mi pensasse al corrente di ciò che vi accade, anche se vivo a Roma. Ma così non potrò venire a Milano».
Il programma di oggi (ingresso gratuito) prevede Caro papà di Dino Risi (h 18 e h 22) e Mery per sempre (h 20) di Marco Risi; a pagamento ci saranno domani Il sorpasso (h 20) di Dino Risi e Il muro di gomma di Marco Risi (h 18 e h 22); a pagamento, dopodomani, ci saranno Profumo di donna di Dino Risi (h 18 e h 22) e Il branco di Marco Risi (h 20). Sabato (h 20, a ingresso gratuito, ma con prenotazione obbligatoria) uno dei più belli e dei meno reperibili film di Dino Risi: Il giovedì con Walter Chiari, presentato dal figlio di Walter, Simone Annichiarico, e dal critico dell'Unità, Alberto Crespi. Precederà (h 18) e seguirà (h 22), a pagamento, un'altra rarità di Dino Risi: «Mordi e fuggi», sul terrorismo come «Caro papà».
Marco Risi, «Mery per sempre» è la svolta della sua carriera.
«Sì, anche in senso familiare: cambiò lo sguardo di mio padre per me».
Cioè?
«Da allora pensò che io fossi bravo».
Padre severo, Dino.
«Nei giudizi, molto».
Come arrivò a dirigere Mery per sempre?
«Il produttore Bonivento l'aveva proposto a registi come Rosi, i Taviani e Damiani che avevano lavorato in Sicilia e su certi temi. Ma loro non potevano. Interpellato come interprete, Michele Placido suggerì che lo facessi io».
Dopo ci fu un altro suo film palermitano...
«...Ragazzi fuori. È considerato il seguito di Mery per sempre, ma ho cercato di fare cose diverse. Ragazzi fuori è più rapsodico, vitale nella sua desolazione».
Anch'esso era scritto da Aurelio Grimaldi sui ragazzi del riformatorio di Palermo.
«Per girare Mery per sempre servirono anche altri ragazzi, quella della Terza C del programma tv su Italia 1 di mio fratello Claudio».
In che senso?
«Che Bonivento, per finanziarlo, stornò guadagni che venivano di lì».
Quindi il film non era stato prevenduto a una tv...
«No. Bonivento fece un'asta, strappando una cifra clamorosa alla Fininvest».
Lei ha fatto recitare ragazzi che avevano vissuto quelle storie.
«Dovetti battermi per questo. Si volevano attorini conosciuti anziché sconosciuti che parlavano in dialetto».
Le loro carriere sono continuate?
«Ho girato Ragazzi fuori anche perché potessero continuare. Francesco Benigno - che aveva realmente passato mesi all'Ucciardone - ha poi lavorato in altri film. Mery, cioè Roberto Mariano, in realtà un calabrese che viveva a Roma, teneva a esser considerato uomo...»
Giovedì (h 20) un altro suo film collettivo, «Il branco».
«Che alla Mostra di Venezia fu molto criticato. Era un film che alle donne non piaceva, il primo film su uno stupro di gruppo dalla parte degli stupratori. Fu giudicato come senza pietà per le vittime. Invece bisogna aver pietà anche per i carnefici».
«L'ultimo capodanno», in programma venerdì (h 22), è la sua versione dei «Mostri» (h 20), girato da suo padre?
«È l'esplosione della commedia all'italiana. Mio padre lesse la sceneggiatura, poi mi disse: se fossi al posto tuo, farei di tutto per non farlo».
Ma lei lo fece.
«Lui venne alla prima e mi abbracciò commosso, dicendo: avevi ragione. Se riesci a farci ridere con una storia così, sei bravo».
Lui capì, il pubblico no.
«Il film uscì la settimana prima di Titanic, che recava un messaggio positivo. In quel momento il pubblico non voleva il pulp da un italiano, solo da un americano».
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