Così i giustizialisti esaltano l’ingiustizia

In piazza, certo. Manifestazione, corteo, presidio. Giustizia per i giudici. Michele Santoro, Marco Travaglio, Barbara Spinelli sono il circo del giustizialismo che occupa la postazione di Paolo Brosio. Di fronte al tribunale di Milano, dove l’ex giornalista del Tg4 soggiornava notte e giorno durante Tangentopoli, ci saranno (...)
(...) loro: in fila gli apostoli delle manette con i loro discepoli, in coda disordinata i generali dell’anti garantismo con i loro soldati. Bel paradosso questo: quelli che metterebbero in carcere un ladro di polli saranno lì per difendere l’unica categoria che non paga mai, neanche quando sbaglia. Perché in Italia possono essere puniti tutti: forze dell’ordine, politici, manager, giornalisti, gente comune, ma non le toghe. Sbattono in cella senza motivo? Continuano a lavorare. Accusano davanti ai microfoni un innocente? Restano al loro posto. Indagano e indagano e indagano le stesse persone salvo poi vedere assolti sempre i loro obiettivi? Qualcuno ricorderà il caso dei bimbi di Gravina di Puglia scomparsi e trovati morti in una casa abbandonata. Il padre era un tipo strano, per qualcuno anche ambiguo: fu indagato, finì in televisione, sui giornali, sul web come l’orco assassino. I magistrati erano certi: «È stato lui». Non era così. Tante scuse e scarcerato, non certamente riabilitato dopo il fango che l’aveva sporcato nelle settimane precedenti. Quei magistrati che sbagliarono tutto non sono stati puniti. Il padre ha chiesto un risarcimento danni perché oltre ad aver perso i figli, avrà per sempre il suo nome macchiato da quell’indagine sciagurata. Sarà risarcito, certo. Ma non dal pm, né dal gip, né da nessuna toga. Avrà i soldi dalla giustizia italiana. Cioè da noi. Capito? I magistrati che commettono errori non vengono mai giudicati. Al massimo prendono un provvedimento disciplinare e stop. Un po’ di lavatrice, qualche mese di silenzio, un minimo di decenza e basta. Coscienza pulita, posto mantenuto e stipendio pure.
Una categoria così dovrebbe essere il primo obiettivo di un giustizialista: è la più tutelata, la più protetta, la più difesa. Quando un magistrato fa uno sbaglio così evidente da non poter essere nascosto o taciuto, spesso la massima punizione che riceve è la promozione. Una meraviglia. Si può scendere in piazza per chiunque, ovviamente. È questione di tifo: lo fanno gli ultrà per le loro squadre, lo fanno gli studenti contro il loro futuro, lo fanno i lavoratori contro altri lavoratori. Ma per coerenza Santoro, Travaglio, Spinelli e tutto il loro mondo non dovrebbero farlo per i magistrati. Perché chi dice di lottare per i diritti e per i doveri allora deve necessariamente tenere presente i secondi più dei primi. E il dovere presuppone il castigo per chi trasgredisce. È il dogma del giustizialismo, no? Punire, punire, punire. Allora come fanno i portabandiera manettari a difendere chi non paga mai. Sono una casta, sono privilegiati, possono abusare del potere che hanno: sono il ritratto del nemico perfetto di chi vuole sentenze e condanne a ogni costo. Gli slanci ideali nutrono le manifestazioni, i cortei, le iniziative: si sta in gruppo sempre per difendere le proprie utopie. Qui invece è l’opposto: si scende in piazza non per i propri valori, ma per i propri interessi.

I magistrati sono utili ai giustizialisti quindi vanno difesi. Non ci sono ideali, non si sono belle parole, non c’è umanità. C’è una partita e conta soltanto vincere. Anche invertendo le regole, anche rinunciando ai propri principi. Che sono sbagliati, ma almeno sono principi.

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