«Sarà senzaltro un ulteriore motivo di discussione, anche di rottura. Purtroppo in Italia ci si azzuffa per ciò che non conta mentre si trascurano i problemi veri». Roberto Volpi, statistico e scrittore, commenta in modo ironico il dibattito sullattribuzione di uno o due cognomi allignaro bebè appena nato.
In fondo il cognome è un aspetto importante della vita di una persona. Non trova?
«Ma sì, certo. E trovo legittimo che si possa dare il cognome della madre a chi lo ritiene importante. In teoria quella adottata dal Parlamento è la soluzione più democratica possibile, ma la prassi può ingenerare ulteriori conflitti. Se lo immagina che caos, quando tutti avranno i doppi cognomi?».
Meglio allora solo quello del marito?
«Non sta a me dirlo. Saranno i coniugi a decidere e così, appunto, avranno un ulteriore contenzioso da risolvere. Però questa è una previsione pessimistica. Proviamo a fare gli ottimisti. Forse una discussione sul cognome da dare al figlio aprirà un dialogo tra moglie e marito, inducendo a una maggiore comprensione. Ma le conseguenze più o meno negative potremo valutarle solo quando la legge si potrà applicare».
Per lei quello del cognome è un aspetto secondario rispetto ai problemi della famiglia italiana. Quali sono?
«Ho scritto un libro dal titolo molto significativo: La fine della famiglia, edito da Mondadori».
Previsione nerissima.
«È la realtà. In Italia non si fanno più figli se non in coppie sposate (il 98% dei casi) con matrimoni sempre più civili. LItalia naviga nelle ultime posizioni da trentanni. In percentuale, siamo il Paese più povero di bambini al mondo».
È la mancanza di soldi che incide?
«Macchè. I figli si fanno meno al Nord che al Sud. LEmilia è stata la regione a più basso indice di natalità tra la seconda metà degli anni 70 e la fine degli anni 80».
Cosa si deve fare per invertire la tendenza?
«Si deve concepire in modo diverso il bambino.
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