Così nasce un giornale «di strada»

Provate a osservare le reazioni dei passanti quando si avvicinano gli ambulanti per vendere i cosiddetti giornali «di strada». Qualcuno si ferma e li acquista, qualcuno tira dritto, c’è chi sorride, chi si limita a un cenno di capo per poi darsela a gambe; chi invece sbuffa o addirittura si arrabbia.
Tutto questo si svolge ogni giorno e a ogni ora in centro e nelle vie più commerciali, all’uscita della metropolitana e nei pressi delle stazioni ferroviarie. E se talvolta l’insistenza del venditore può risultare eccessiva - nel caso la buona educazione suggerisce un semplice «no grazie» - è anche vero che questi giornali svolgono un servizio utile sia per il venditore sia per il lettore che intenda trovare notizie diverse rispetto alla stampa tradizionale. Il più famoso è «Terre di mezzo», tipico esempio di stampa alternativa e introvabile nelle edicole.
Nato nell’ottobre del 1994 per iniziativa di un gruppo di giovani giornalisti con il pallino dell’informazione sociale, per la distribuzione si avvale di una rete di venditori di origine straniera in difficoltà economica che su ogni copia di 2,10 euro guadagna 0,95 centesimi. Pioggia, sole, neve o vento, racimolano quei pochi quattrini che consentono loro di vivere in dignità. Il mensile si occupa di immigrazione e multiculturalità, con un inserto dedicato al tempo libero, ma soprattutto affronta temi forti come le nuove povertà e il lavoro. Riporta inoltre le notizie e i racconti scritti dai detenuti del carcere di San Vittore, pagine che nascono dalla collaborazione con l’associazione di detenuti e volontari.


Il numero di novembre svolge un’inchiesta approfondita sugli strilloni che vendono i giornali gratuiti in città (free press), un esercito di uomini, donne, giovani e pensionati - italiani e immigrati - disposti a svegliarsi all’alba per guadagnare 300 euro al mese, arrotondare lo stipendio o tirare a campare. Una delle tante realtà metropolitane che il giornale di strada indaga ogni mese. \

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