Crisi, Obama studia un maxi-intervento da 700 miliardi

Pronta una legge per spese pubbliche e sgravi fiscali Washington è decisa a salvare anche Citigroup. Il Tesoro è pronto a salvare il colosso bancario dopo il crollo azionario del 60%. Gm dice no alla bancarotta

Crisi, Obama studia 
un maxi-intervento 
da 700 miliardi

Washington - Il governo americano è deciso a salvare Citigroup, nel giorno in cui il team di Obama annuncia un maxi investimento da 700 miliardi di dollari per rilanciare l’economia Usa. Secondo l’Associated Press e l’edizione online del New York Times, il dipartimento del Tesoro Usa e la Federal Reserve hanno studiato un piano di salvataggio per Citigroup, che nell’ultima settimana ha perso il 60% del suo valore azionario: lo Stato sarebbe pronto ad accollarsi le perdite, e se queste andassero oltre un livello di guardia riceverebbe in cambio una partecipazione azionaria diretta. Nel frattempo, Citigroup ha chiesto aiuto ai fondi sovrani in Medio Oriente e Asia, e potrebbe vendere alcune attività alla banca inglese Hsbc, mentre Wall Street si prepara col fiato sospeso alla riapertura.

Intanto Gm dice no alla bancarotta, ma quella che si apre oggi sarà una settimana cruciale per le «Big three» di Detroit. General Motors, Ford e Chrysler sono al lavoro per mettere nero su bianco quanto intenderanno fare con gli eventuali aiuti pubblici, e cercare così di convincere le autorità ad agire prima che sia troppo tardi. Il Congresso ha rimandato a Detroit a mani vuote i tre amministratori delegati, che a Washington erano venuti a chiedere disperatamente un finanziamento per evitare il fallimento, invitandoli a tornare in dicembre con un piano industriale, e un dettaglio chiaro che spieghi al governo e ai contribuenti come verrebbero spesi i soldi richiesti. In gioco c’è il 4% del Pil americano e milioni di posti di lavoro: le tre case hanno 300mila dipendenti negli Usa, senza contare l’indotto. La scadenza per presentare i progetti è il 2 dicembre. Il Congresso si esprimerà una settimana più tardi. E Obama, ha fatto intendere il suo consigliere David Axelrod, è sulla stessa lunghezza d’onda. «Il segnale inviato dal Congresso è stato quello giusto», ha detto ieri.
Ma se Detroit trema all’ipotesi di un collasso dell’industria automobilistica, molti altri Stati americani stanno facendo pressione per un intervento di salvataggio: a rischio c’è la «Rust Belt» (cintura di ruggine, soprannome coniato negli anni ’80 per Michigan, Indiana e Ohio, roccaforti dell’industria pesante). La disoccupazione è schizzata a livelli record e sembra destinata a proseguire la corsa al rialzo, con gli analisti che stimano un 9%. A confermare le difficoltà del mercato del lavoro è anche l’aumento delle richieste di sussidio alla disoccupazione.

Dal canto suo, Obama vorrebbe firmare, non appena entrato alla Casa Bianca, una legge che autorizzi una serie di spese pubbliche e sgravi fiscali per «una cifra molto alta», molto superiore rispetto ai 175 miliardi di dollari ipotizzati durante la campagna elettorale. Il presidente eletto spera che il nuovo Congresso, che si riunirà il 6 gennaio, riesca rapidamente a elaborare una legge che arrivi sul suo tavolo il 20 gennaio, subito dopo il suo giuramento. Il team di Obama non ha rivelato i dettagli del nuovo «pacchetto», ma il senatore democratico di New York Charles Schumer ha detto che la cifra potrebbe essere compresa tra i 500 e i 700 miliardi di dollari. E lo stesso Axelrod ha fatto sapere che Obama potrebbe rimandare la decisione di eliminare i tagli fiscali a favore degli americani più ricchi introdotti dal governo Bush.

Resta sospeso il destino di Citigroup, che ha perso l’88% del valore in Borsa dall’inizio dell’anno, di cui il 60% nell’ultima settimana.

Ieri il Sunday Telegraph ha riferito che l’ad Vikram Pandit, in parallelo ai colloqui con il Tesoro americano e la Fed, sta trattando un aumento delle quote con i fondi sovrani che sono già azionisti della banca. Da parte sua la Hsbc è pronta ad acquistare alcuni asset di Citigroup in Asia e in America Latina.

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