La crisi delleconomia mondiale acuisce le difficoltà in cui versano le Cantine italiane. A dimostrarlo sono i bilanci dei grandi produttori di vino made in Italy che, per la prima volta dopo molti anni, accusano un calo del fatturato pur limitando i danni rispetto ai «cugini» dello Champagne. La fotografia è dellufficio studi di Mediobanca: secondo lindagine nel 2009 il settore vinicolo italiano ha visto il fatturato scendere del 3,2% (+2% del 2008), ma per questanno si attende un andamento in crescita o perlomeno stabile. Mediobanca ha passato in rassegna le prime 99 realtà del settore, con un fatturato di più di 25 milioni. Tra questi spiccano le Cantine riunite e Civ che, insieme al Gruppo italiano vini, di cui detiene il 100%, ha fatturato lanno scorso 437 milioni ed è sesta al mondo per produzione di bottiglie (165 milioni nel 2008). Il calo dei ricavi è dovuto soprattutto allexport (-4,3%; rispetto al +4,6% nel 2008).
La ricerca conferma poi lemergere della Cina. Dove il gruppo Yantai Changyu, quotato a Shanghai, nel 2008 ha spinto i ricavi del 26% a 363 milioni di euro. Abbastanza per salire al quarto posto della classifica mondiale tra le società quotate del settore. Il vino made in Italy resta invece lontano dalle logiche della Borsa. Questione soprattutto di cultura, oltre che di aziende ancora di impronta cooperativa o familiare. Eppure i risultati del settore sui listini azionari sono invidiabili: dal gennaio 2001 lindice di Borsa mondiale del mondo vinicolo è cresciuto del 98,9%, contro il risultato di misura (+5%) conseguito nello stesso periodo dai grandi listini internazionali. Il comparto vinicolo in Italia fanno notare gli analisti, avrebbe poi bisogno di una scossa, di iniziare a puntare più sugli investimenti che su altri metodi per affrontare la crisi. Nellimmediato per far fronte allo stallo, i gruppi italiani hanno abbassato i listini per lexport (-11% circa). Una «svalutazione» contro la quale lotta la gran parte delle case di Champagne, che pur attraversa una crisi molto più dura.
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