La crisi spinge a "fare sistema"

Il buon assicuratore? Lo si vede soprattutto nei momenti di crisi. Infatti, se in queste situazioni «possono diminuire i capitali da assicurare è innegabile che il buon assicuratore trova comunque la forza di effettuare sani investimenti delle proprie riserve»

La crisi spinge a "fare sistema"

di Sergio Cuti

Il buon assicuratore? Lo si vede soprattutto nei momenti di crisi. Infatti, se in queste situazioni «possono diminuire i capitali da assicurare, ridursi le attività da coprire, scemare i risparmi dei privati da investire, è innegabile che il buon assicuratore trova comunque la forza di effettuare sani investimenti delle proprie riserve, di studiare nuove polizze che tutelino da rischi prima sconosciuti, di mobilizzare il risparmio, sempre in un'ottica di lungo termine, di mantenere una sana relazione con i clienti, di continuare a sostenere le aziende e, attraverso l'acquisto di titoli pubblici, anche lo Stato». È il ruolo sociale e propulsivo in campo economico delle compagnie assicurative. Lo ha ben descritto l'editore Paolo Berlusconi, mercoledì 5 maggio a palazzo Mezzanotte di Piazza Affari a Milano, portando il saluto e aprendo i lavori della seconda edizione del convegno organizzato dal Giornale delle Assicurazioni, diretto da Angela Maria Scullica, in collaborazione con Aiba, Associazione italiana brokers di assicurazioni e riassicurazioni, dal titolo: Assicurazioni e sistema Italia, dalla crisi alla ripresa: sfide imprenditoriali e gestione del rischio. L'appuntamento è partito dalla riflessione sulla crisi in ambito economico e finanziario a cui si sta assistendo che porta le compagnie assicurative e gli operatori come risk manager, broker e agenti, a studiare e calibrare programmi assicurativi sulla necessità di copertura del rischio di ogni azienda in base a questa nuova realtà. In questo processo sono coinvolti anche i sistemi di vigilanza e l'antitrust, che hanno il compito di vigilare attentamente affinché le dinamiche del libero mercato non producano effetti nefasti. Tutte queste figure professionali erano ben rappresentate al convegno milanese.

Paolo Berlusconi, nel suo saluto ai numerosi presenti, ha riconosciuto la capacità dei nostri assicuratori, «forse meno aggressivi e blasonati di quelli di oltremanica e di oltreoceano», di confrontarsi con la crisi. Con questa crisi, così profonda. E, parlando del futuro, ha sottolineato che è necessario uno sforzo corale. «Degli assicuratori», ha sottolineato l'editore, «che continuino e non abbandonino questo loro ruolo di intermediari che operano in modo professionale colmando il gap tra domanda e offerta e mettendo a disposizione tecniche di intervento da mutuarsi dalle esperienze del passato, e dei clienti che trovino nelle compagnie di assicurazione un soggetto con cui poter reperire la soluzione ai rischi propri e verso terzi». Infine, una raccomandazione che deve valere anche per i tempi a venire: «Forti commistioni tra finanza e assicurazioni, tra aziende e assicurazioni e tra banche e assicurazioni hanno dimostrato, per fortuna solo all’estero, che la "gemellanza siamese", come la definiva Mattioli, è una tentazione letale non solo dei banchieri, ma anche degli assicuratori. Il mercato non ha dimostrato misericordia verso di loro».

L'invito lanciato da Paolo Berlusconi a uno sforzo corale per vincere la crisi e costruire un futuro nel quale il mondo assicurativo, con i suoi strumenti, può diventare strategico è stato raccolto da Fabio Cerchiai, presidente di Ania. Infatti, il punto centrale dell’intervento del numero uno dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, è stato dedicato proprio alla convinzione che ognuno, da solo, non potrà trovare progressive soluzioni «ai nodi di fondo» che già «caratterizzavano il nostro sistema anche prima della crisi». Non può riuscirci il solo governo, o la politica, o il mondo delle imprese, o i consumatori. Insieme, invece, uniti in un sistema di alleanze, questo Paese può farcela. Quali sono «i nodi» da sciogliere? Riguardano, per Cerchiai, soprattutto il sistema del welfare, della legalità e della giustizia. Su queste tematiche, bisogna ricostruire «un sistema socio-economico socialmente equo e con una forte coesione sociale, senza di che non c'è possibilità di sviluppo». Per esempio? Sono stati raggiunti buoni traguardi in fatto di pensioni e sanità. Ma i due sistemi «vanno ripensati», non solo per mettere in ordine i conti pubblici, ma soprattutto per trovare soluzioni «socialmente compatibili». E dare risposte convincenti ai fattori nuovi che sono intervenuti. In campo previdenziale, per esempio, è necessario pensare già oggi ai giovani «che andranno in pensione fra 30 anni».

Lo stesso succede per la sanità che non significa più solo assistenza sanitaria a tutti, traguardo già raggiunto anche in passato, ma assistenza alla terza e quarta età considerando come è cambiato il sistema familiare che, un tempo, si «prendeva cura di nonne e zie» e oggi non più. Quindi? «Non vedo una soluzione diversa», sottolinea il presidente di Ania, «se non la collaborazione fra pubblico e privato. C'è bisogno di tutti per affrontare questi temi epocali. E il timing lo sta imponendo la realtà, rispetto alla quale siamo già in ritardo». Ma qual è lo sforzo specifico del mondo assicurativo? Cerchiai lo indica. Con chiarezza: le compagnie devono essere consapevoli «che se vogliono salvaguardare una redditività a medio-lungo termine devono concentrare il proprio interesse di parte con quello generale. Dobbiamo continuare a garantire protezione e sicurezza. E la finanza deve restare un mezzo e non un fine all’attività assicurativa».

Insomma, come sosteneva all'inizio Paolo Berlusconi, ognuno deve sapere fare il suo lavoro. E farlo bene. E perché i confini delle competenze devono essere ben chiari, la concorrenza è un «valore da preservare perché rende più efficiente il comportamento delle imprese». Lo ha detto Carla Bedogni Rabitti, componente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ma per questo servono nuove norme. Per il semplice fatto, ha rimarcato, che la crisi un insegnamento l'ha prodotto: il liberismo, nella sua concezione più sfrenata, «ha fatto il suo tempo». Servono, quindi, regole nuove. «Non troppe, ma buone». E che non possono essere stilate dai singoli Paesi perché i mercati si sono globalizzati. «Le regole vanno fatte», dunque, «da un legislatore il più globalizzato possibile». E che le sappia applicare, con flessibilità, tenendo una barra ben al centro: la «tutela dei consumatori». Ora che la parte più virulenta della crisi sembra sia ormai alle spalle, possiamo ragionare sul perché il settore assicurativo italiano l'abbia superata meglio di altri sistemi europei e mondiali. Il motivo ha spiegato Giancarlo Giannini, presidente e direttore generale di Isvap: «È stato grazie alle regole preventive che ci eravamo dati». E cioè? «L'esserci comportati da assicuratori e non da finanzieri». E ancora? «I cosiddetti Cds non sono entrati nel nostro sistema. Così come dal 2003 è stato vietato collocare polizze indicizzate ai derivati del credito». Un grande merito va al governo «che ha saputo affrontare la crisi in modo adeguato». Ma anche alla capacità del mondo assicurativo che ha, comunque, tutelato i risparmiatori di fronte a prodotti che si erano dimostrati rischiosi. E questo ha creato una buona immagine del settore. Che nel 2009 è tornato in saldo positivo. Soprattutto nel vita, nel quale la parte del leone l'hanno fatta, però, «le polizze tradizionali».

Se è da apprezzare la tenuta e la solidità del sistema assicurativo italiano, anche per Giannini, come per Cerchiai, sempre più strategica dovrà essere la collaborazione fra il pubblico e il privato. E la capacità di incrementare la voglia di assicurazione nel Paese: «Solo il 23% delle famiglie ha una polizza danni diversa dalla Rc auto». E di risolvere alcuni interrogativi che sono ancora sospesi. Come quello che rappresenta la spada di Damocle del risarcimento diretto. Se la sua validità poggia sullo stesso piano di quello tradizionale, «il diretto è destinato a una brutta fine». Il presidente dell'Isvap non poteva non porre l'accento su due altri temi di grande importanza. Il primo: la struttura liquidativa che deve essere efficiente ed efficace per ridurre i costi assicuratrici. «C'è un'etica nell'efficienza», ha ribadito Giannini. Secondo problema: il risk management: «Servono regole armonizzate e più accurate a livello europeo». Il corporate, l'economia reale, le aziende. Cerchiai l'aveva sottolineato nel suo intervento. La crisi ha frenato la spesa assicurativa del mondo produttivo, ma ci sono spazi significativi di intervento: per esempio, si devono coinvolgere le banche affinché leghino l'investimento assicurativo al miglioramento del rating. Questa prospettiva è stata salutata con favore da Jacopo Morelli, vice presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, che ha sottolineato la necessità di un dialogo costante tra imprese e assicurazioni. L'imprenditore, ha detto Morelli, è interessato a conoscere quali sono i rischi che potrebbe accettare e quelli, invece, che non dovrebbe tollerare. «E l'identificazione dei rischi, la capacità a gestirli, l'abilità a estrarre valore dal rischio possono essere insegnate alle imprese solo dal mondo assicurativo che ha il know how per farlo. Noi imprenditori dobbiamo affrontare il rischio con la testa e la schiena dritta». Non solo dialogo costante fra imprese e assicurazioni. Ma anche un tavolo comune, ha suggerito Francesco Panarelli, direttore generale di Consap Spa, Concessionaria servizi assicurativi pubblici, con azionista unico il ministero dell'Economia e delle Finanze. Numerosi i temi toccati. Fra i principali, eccone alcuni. Panarelli, per esempio, non ha dubbi sulla collaborazione tra pubblico e privato. «È necessaria», ha sottolineato, «e in una visione non di breve periodo». Un altro argomento preso in esame è quello della Rc auto. Panarelli ne ha individuato tre tematiche di fondo. La prima: rivedere il quadro normativo per chi froda questa assicurazione obbligatoria. E, infatti, ha chiesto sanzioni più dure per i falsi furti e i finti incidenti. La seconda tematica, di vitale importanza: c'è chi, prendendo a pretesto la crisi economica, snobba la Rc auto. Che fare? «Bisogna creare un sistema di controlli per prevenire questo pericoloso fenomeno», ha rimarcato Panarelli. Chi non assicura il proprio veicolo, infatti,deve essere individuato subito, o nel più breve tempo possibile, prima che possa causare un incidente non risarcito con danni sia alle vittime del sinistro sia alla comunità. Il ramo danni. Ancora troppo pochi sono gli assicurati, sia persone che aziende. Come poter incrementare il settore? «Con gli sgravi fiscali», suggerisce il direttore generale di Consap. «Detto così, questo concetto può suonare male per la finanza pubblica. Ma il comparto oggi è talmente sottosviluppato che basterebbe poco per farlo esplodere». E il minor gettito di oggi si trasformerà nel miglior gettito di domani. Anche il vice ministro dell'Economia e delle Finanze, Giuseppe Vegas, ha richiamato l'urgenza di coniugare l'intervento pubblico con quello privato per risolvere i nodi strutturali soprattutto in campo previdenziale, sanitario, del credito alle imprese, dell'export e dei grandi rischi. Infatti, Vegas ha sottolineato che la crisi ha messo in evidenza come ci sia «un limite oltre il quale l'intervento pubblico ha effetti negativi sull'economia» perché andrebbe a incrementare il debito e, quindi, ha concordato con Cerchiai sul fatto, come si diceva, che i problemi di lungo periodo vadano affrontati in un'ottica di collaborazione fra Stato e assicurazioni. Il momento attuale è difficile. La situazione greca lo rimarca. L'Italia ha reagito meglio di altri Paesi alla crisi, ha ricordato Vegas, perché assicurazioni e, al di là di qualche problema, anche le banche «hanno navigato con estrema prudenza», «finanza e assicurazione sono state sostanzialmente divise» e soprattutto «il debito privato è risultato inferiore» a quello di altre nazioni non solo Ue. Bisogna approfittarne, dunque, per gettare le basi del futuro sviluppo. Fatto, come si diceva, di alleanza fra il sistema pubblico e le assicurazioni private. Nei settori delle pensioni integrative, «con riguardo al secondo e al terzo pilastro», della sanità («il pubblico ha dovuto operare da solo»), dell'export («sinergie bene accette fra Sace e privati»), del credito alle imprese («Premiato allo sportello chi è meglio assicurato»).

Vegas non ha timori a dirlo: per evitare nuove crisi, servono nuove regole, «non solo italiane, ma condivise a livello internazionale». La Grande Crisi ha dimostrato che ogni Paese non è un'isola. La Grecia di oggi lo insegna.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica