Cristina Berardi era stata sequestrata in Sardegna nel 1987

La storia di Cristina Berardi e Gianfranco Ara è una storia di crimine e castigo, di perdono e carità di fronte alla morte. La vittima e il carnefice di un sequestro che risale a 24 anni fa riemergono dall’oblio grazie a un gesto semplice ma inaspettato della donna. L’ex ostaggio ha dedicato infatti un necrologio ad Ara sulla Nuova Sardegna: «Cristina Berardi è vicina a Maria Grazia e Tina per la tragica scomparsa del fratello Gianfranco Ara, con profondo rispetto e affetto».
Poche parole, che però sono pubbliche e toccano corde profonde. Non solo dei destinatari diretti. «Gianfranco Ara - spiega la donna al quotidiano sardo - ha avuto un ruolo marginale nel mio sequestro. E per quel ruolo marginale, se pur grave, ha gravemente pagato. A differenza di tutti gli altri. Quando lo sento definire sequestratore, non posso non pensare al dolore della famiglia. Che oggi lo piange. Delle sorelle, che io conosco e con le quali sono legata da stima e amicizia. A loro va tutta la mia vicinanza, il mio rispetto, il mio affetto». Gianfranco Ara, 51 anni, è stato trovato morto da un passante venerdì pomeriggio. Il suo corpo era sulle scale che costeggiano l’anfiteatro di Nuoro. Sui motivi della morte ci sono pochi dubbi. Il 118 ha subito stabilito che si tratta di un decesso per cause naturali, ma il procuratore Andrea Garau ha ugualmente disposto l’autopsia. I cui risultati comunque pare confermino la prima versione. Vicino al corpo di Ara è stata trovata anche una siringa, ma secondo le prime indiscrezioni non sarebbe legata alla morte improvvisa dell’uomo. Per eliminare ogni sospetto è stato inoltre deciso un esame tossicologico. Era il 20 giugno 1987 quando Cristina Berardi, allora professoressa 25enne, venne sequestrata da un commando di cinque persone mentre tornava a casa da scuola, alla periferia di Villagrande, nel Nuorese. La giovane viaggiava sulla sua Y10 con due colleghi. La notizia fece scalpore, anche perché il padre della vittima era il presidente dell’Associazione degli industriali di Nuoro. E perché l’Anonima sequestri in quel caso entrò in azione in pieno giorno. La prigionia della ragazza durò quattro mesi, finché il 18 ottobre la polizia scoprì la sua prigione sul monte Mugrone, tra Arzana e Seui. Cristina Berardi venne liberata dopo una sparatoria, indossava una tuta militare che le avevano dato i suoi aguzzini. Gli agenti della questura di Nuoro la trovarono in una tenda canadese, nascosta da una selva di rovi e di cespugli. Erano giorni che i rapitori minacciavano di uccidere l’ostaggio e le forze dell’ordine avevano intensificato le ricerche. «Mia figlia sta bene, in questi quattro mesi ha tirato fuori tutta la sua grinta», commentò a caldo il padre, Remo Berardi.
Nelle indagini sul sequestro entrarono nomi più o meno noti della criminalità sarda. Tra gli altri Pasquale Stochino, considerato la «Primula rossa» dell’Ogliastra, Antonio Staffa, custode in un altro rapimento, quello di Augusto De Megni - sequestrato da bambino e partecipante poi della sesta edizione del Grande fratello - e Gianni Cadinu. L’unico a finire sotto processo però è stato Gianfranco Ara.

Il sequestratore è stato condannato a 28 anni di carcere e ne ha scontati effettivamente 15. Era uscito di prigione tre anni fa. Il ritrovamento del suo corpo, oltre a riaprire un capitolo doloroso e sepolto nella memoria della sua ex prigioniera, ha riportato la città di Nuoro indietro di oltre vent’anni.

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