Crolla il mito del tè: gli inglesi preferiscono il caffè

Lo studio: il rito delle cinque ha perso la sua magia

Lorenzo Amuso

da Londra

Dopo la birra, soppiantata da tempo dal vino, preferibilmente rosso, ora tocca al tè. Si aggiornano i gusti, cambiano i consumi dei sudditi di Sua Maestà, che tradiscono il proverbiale conservatorismo per avvicinarsi a sapori più continentali. A farne le spese è il rito del tè che - complice lo stress del vivere moderno e la qualità sempre più scadente della stessa bevanda - è stato sostituito nelle abitudini dei cittadini britannici dal caffè italiano. Una clamorosa vittoria per il made in Italy, suggellata dalla ricerca «The Cappuccino Conquests», coordinata da Jonathan Morris, docente di Storia europea moderna all'Università di Hertfordshire. Fino a quarant'anni fa, il tè rappresentava oltre la metà dei liquidi consumati dai britannici. Oggi il dato è sceso sotto il 40%. Nello stesso periodo di tempo, viceversa, l’espresso italico italiano ha registrato un crescita inversamente proporzionale, conquistando un largo apprezzamento nel Regno Unito fino a superare, fuori dalle pareti domestiche, la tradizionale bevanda nazionale inglese. Solo negli ultimi sette anni il consumo nazionale di tè è sceso del 10%, con una media pro capite di circa 1.000 tazze all'anno che posiziona la Gran Bretagna al secondo posto nella classifica mondiale, preceduta dai turchi e seguita dagli indiani. Se nel 1998 se ne consumavano 2,6 chili a testa annualmente, oggi si superano di poco i due chili. Un declino costante e apparentemente inarrestabile, che fa vacillare quella che due anni fa il ministero della Cultura aveva scelto come «icona culturale» del Paese, al pari dell'elmetto dei bobbies, degli autobus rossi a due piani, della Magna Charta e del vallo di Adriano. George Orwell lo definiva come uno dei «pilastri della civiltà», mentre William Gladstone lo considerava un confortante antidoto contro la depressione. Una consuetudine, risalente ai tempi dell'Impero, meritevole delle attenzioni accademiche della Royal Society of Chemistry, l'associazione dei chimici britannici, che aveva messo a punto la ricetta per la preparazione del perfetto tè. Uno studio scientifico per dimostrare come fosse meglio versare il tè nel latte anziché il contrario dal momento che le proteine di quest'ultimo tendono a «denaturare» producendo un vago sapore di prodotto scaduto.
Una passione irrinunciabile testimoniata dalle bustine di tè che i britannici, persino quando si recavano in vacanza all'estero, non mancavano di portare con sé.
Non fosse mai che ne rimanessero sprovvisti. Oggi però il rito delle cinque di pomeriggio sembra aver perso l'antica magia. Varie le cause del suo tramonto, spiegano gli esperti. Innanzitutto i frenetici ritmi d'ufficio. Ormai gli impiegati si fermano sempre meno e conseguentemente non hanno più il tempo per i consueti quindici minuti una volta dedicati alla preparazione dell’infuso. L'efficientismo britannico ha inoltre disposto la sostituzione delle teiere in ceramica con le macchine automatizzate. Una eresia per i nostalgici puristi, in larga parte ultra-cinquantenni, che lamentano lo scadimento di gusto della loro bevanda preferita. Anche i tè serviti nei bar britannici - afferma un recente studio - sono di pessima qualità: il più del volte offerti in tazze di plastica, preparati con bustine di scarsa qualità dalle «stupide cordine attaccate» e accompagnati da «orribili confezioni di latte a lunga conservazione».
Nel 1997 i coffee shop inglesi erano 4.700, lo scorso anno erano già saliti a 8.780.

Se più dell'80% degli inglesi continua ad entrare in un bar almeno una volta alla settimana (uno su cinque tutti i giorni), sta in ciò che viene ordinato la vera rivoluzione. I britannici preferiscono il caffè, consumato, come nel caso degli americani, spesso sotto forma di cappuccino o di caffelatte.

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