Aggressione in autogrill, la procura avvia un'indagine

La Digos sta recuperando testimonianze e immagini di sorveglianza per ricostruire al meglio quanto accaduto nella stazione di servizio

Aggressione in autogrill, la procura avvia un'indagine
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C'è una svolta giudiziaria nel caso del rabbino francese aggredito insieme a suo figlio di 6 anni in una stazione di servizio lungo l'autostrada A8. Esiste un fascicolo aperto contro ignoti con l'accusa di percosse aggravate dall'odio razziale in merito all'aggressione di stampo antisemita, che è stata in parte ripresa dallo stesso uomo la cui unica colpa è quella di essere un esponente della comunità ebraica. Al momento manca un referto medico che ne certifichi le lesioni, e per questo particolare reato non è possibile procedere d'ufficio.

Dopo essere stati insultati, sia nella parte superiore della stazione di servizio che al piano inferiore, dove si trovano i bagni, proprio prima di tornare al piano terra tre persone gli avrebbero intimato di eliminare il video. Al suo rifiuto, come Sultan ha denunciato alla polizia stradale di Busto Arsizio, intervenuta sul posto, i tre lo hanno aggredito fisicamente, gettandolo a terra e colpendolo insieme ad altri due complici con calci e pugni, di fronte al minore. Gli agenti della Digos, coordinati dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco titolare del fascicolo, stanno ascoltando i testimoni e recuperando le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona per ricostruire esattamente quanto accaduto. Purtroppo non si tratta di un lavoro semplice, giacché pare che non ci siano telecamere di sorveglianza e l'unica testimonianza finora raccolta è quella di un addetto alle pulizie, che avrebbe sentito le urla ma non visto le violenze perché occupato a lavare uno dei bagni. Tuttavia, tramite il video registrato dalla vittima e le targhe delle auto presenti nell'autostazione, gli investigatori contano di riuscire a ottenere un riscontro su chi avrebbe potuto partecipare all'azione violenta.

"Io stavo passando con il mio carrello delle pulizie nel corridoio delle toilette quando mi sono trovato bloccato da un muro di gente che urlava, si spintonavano, c'era quest'uomo in mezzo e accanto a lui il bambino silenzioso, sembrava scioccato", ha raccontato l'addetto alle pulizie. "Non ho proprio capito come fosse cominciato tutto, la gente si spingeva. Non ho visto nessuno alzare le mani, sentivo solo urla e grida, qualcuno che diceva di chiamare la polizia, poi sono tutti saliti sopra e poco dopo la polizia era già arrivata", ha detto ancora l'uomo. Il personale della stazione di servizio ha ricevuto indicazioni di non parlare con i giornalisti.

"Mi sono esposto, sono facilmente riconoscibile, sanno come trovarmi, ma io non mi nascondo. Proteggo i miei figli, ma non mi nascondo. Ora che sono tornato a casa, potrei lasciarmi alle spalle quello che è successo, dicendomi che tanto non vivo lì e non mi interessa. Invece voglio portare la mia testimonianza, perché in Italia c'è una comunità di ebrei che rischia ogni giorno di venire aggredita come è successo a me e io non voglio che succeda di nuovo. Per questo sto combattendo la mia battaglia", ha spiegato il 52enne all'Adnkronos.

Ora Sultan vuole giustizia e in riferimento alla kippah ha dichiarato: "Io non guardo al passato ma al futuro. Non ho tolto la mia kippah e non la toglierò mai. Sono nato ebreo e lascerò questo mondo da ebreo, con grande orgoglio".

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