
È stato a casa un mese prima che venissero a prenderlo. Lo andavo a trovare tutti i giorni, appena potevo. Lui crede molto in Dio e non sopportava che una persona avesse perso la vita. Guardava la tv e soffriva quando sentiva qualcuno che gli dava ragione. Sentiva questa frase: Bene, un ladro in meno!. Gli faceva male. Lo feriva. Lui diceva : Solo Dio ha il diritto di levare la vita a un'altra persona. Diceva: Non è un ladro in meno, è una persona che è morta. Diceva: Spero che il giorno che sarò dinanzi a Dio mi perdonerà... Se dovrò stare in carcere andrò in carcere, va bene: ma quello che mi interessa è che mi perdoni Dio. Io volevo soltanto salvare una persona sequestrata. Io non volevo far male. Non volevo uccidere»
Laura è la figlia di Antonio Micarelli, la guardia giurata che qualche mese fa, per sventare una rapina e il sequestro di una anziana signora, ha affrontato i ladri e ha sparato con la sua pistola. Uno dei ladri è rimasto ucciso. Ora Antonio è in carcere. Lei, Laura, è disperata. Entra in casa mia timidissima. Parla con un filo di voce. Ha 31 anni, è bellissima. Ci sediamo davanti al tavolino, passiamo subito al tu senza neanche dircelo. Le chiedo a bruciapelo:
Tuo padre è innocente?
«Basterebbe conoscerlo per capire. Lui voleva solo salvare quella signora. Lui in quel palazzo ci è nato, abitava lì da sempre, prima con i genitori, e poi è andato nell'appartamento accanto quando si è sposato, per non lasciare mia nonna sola dopo la morte di mio nonno».
Perché è intervenuto quella sera?
«Si è sentito in dovere di intervenire per difendere la sua famiglia e quella persona che era in pericolo. Quella donna anziana che era stata sequestrata. Lui è così. Si sente responsabile per sé e per chi è vicino a lui. Poteva chiudere la porta, mettere il catenaccio e telefonare alla polizia, ma ha sentito che era suo dovere intervenire subito e sventare la rapina».
Che padre è stato
«I figli dicono tutti così: mio padre è speciale. Lui però lo è davvero. (Le si inumidiscono gli occhi e la voce si spezza, ndr). Lui è un uomo con dei valori. E li sapeva trasmettere».
Aveva già vissuto situazioni pericolose?
«Certo. Era a rischio sempre. Il lavoro che faceva lui non lo può fare chiunque. C'è bisogno di doti straordinarie. Devi sapere che sei sempre in pericolo. Lui si è sempre occupato della sicurezza degli altri, non della sua».
Come stai vivendo questo momento?
«Ho conosciuto il vero dolore. È come se mi avessero trafitto da parte a parte. Non sapevo che esistessero dolori così grandi. Lo sogno tutte le notti. Mi chiedo tutti i momenti come posso fare per tirarlo fuori da là. Vorrei poter scontare la pena al posto suo. Non se lo merita tutto questo, no, no: proprio non se lo merita».
Dai, non piangere
«Come faccio a non piangere! Lui teneva solo alla famiglia. Sognava di andare a vivere in una casa grande, voleva vivere tutti insieme, con me, i miei figli, con i miei fratelli».
Cosa gli avete detto in quel mese che è rimasto in casa?
«Papà non è colpa tua. Non hai fatto niente di sbagliato. Tu volevi aiutare una persona che neanche conoscevi. Tu li hai affrontati, tu sei stato coraggioso».
Lui come vi rispondeva?
«Diceva: Questo ragazzo aveva la stessa età vostra e si disperava. Poi quando ha saputo che aveva dei bambini per lui è stata la mazzata definitiva».
Sei andata a trovarlo in carcere?
«Sì. Lo ho guardato negli occhi. Non era lui. Non ho mai visto una persona soffrire così. Non ho mai visto quegli occhi. Sta in un posto dove ci sono persone troppo diverse da lui. Soffre da morire per la mancanza di mia madre. Mio padre e mia madre hanno un rapporto specialissimo».
Fisicamente papà come sta?
«Dimagrito tantissimo. Gli ho chiesto di scrivere. Quando ero piccola scriveva tanto. Canzoni che erano poesie. Bellissime. Gli ho detto: scrivi».
Lui sta in cella da solo?
«Sì. Per ragioni di sicurezza».
Ha paura?
«Di una sola cosa: di essere considerato un assassino».
In casa al momento della rapina non c'era nessuno?
«Raoul. Mio fratello. Che infatti poi gli ha detto: Perché non mi hai chiamato, li potevamo affrontare in due».
E lui?
«Figurati se mio padre metteva in pericolo mio fratello».
Il ragazzo della rapina non è morto subito.
«No. Il giorno dopo. Gliel'ho detto io che era morto».
Come ha reagito.
«Non so spiegartelo. Come se fosse morto anche lui. Da quel momento ha smesso di parlare. Parlava solo con gli occhi».
Cosa speri che accada, ora?
«Io spero solo che torni a casa e poi che sia ristabilita la verità».
Di cosa hai paura?
«Che si spenga quella luce che ha dentro. Che perda tutto. La depressione in carcere arriva quando ti arrendi. È pericolosissima».
Cosa dicono le persone intorno a te?
«Tanta gente che non lo conosceva mi ha detto: conoscendo te non abbiamo dubbi: lui è una bella persona. La gente è sconvolta. Dicono: è assurdo che stia in prigione».
Lo giudicheranno dei magistrati.
«Come fanno i magistrati a giudicarlo se non lo conoscono? Loro conoscono le leggi, non conoscono papà».
Era la prima volta che si trovava in una situazione del genere?
«Adesso ti faccio sorridere un po'. Lo sai quando è stata la prima volta? Papà aveva 10 anni. Si è trovato di fronte a un ladro in balcone. Ha gridato e lo ha fatto scappare Capisci? A 10 anni».
Tu sei credente?
«Se Dio davvero esiste, ha visto. Perché non ci protegge? Si, credo, ma poi vengo presa dalla rabbia».
Che valori ti ha trasmesso tuo padre?
«Lealtà, sincerità, famiglia, rispetto per le donne».
Con tua madre come si comporta?
«Per lui mia mamma è una Dea».
Da quando si conoscono?
«Dalle elementari».
Cosa?
«Sì, sì sono conosciuti quando avevano 6 e 8 anni».
Oggi che dice mamma?
«Dice: io credo nella giustizia, ma tutto questo è ingiusto».