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Garlasco, ora parlano i genitori di Chiara Poggi: "Stasi non disse mai di non averla uccisa"

Giuseppe e Rita Poggi chiedono rispetto e scacciano qualunque dubbio sulla presenza del figlio Marco in vacanza con loro anche quell'estate

Giuseppe e Marco Poggi in Trentino il 13 agosto 2007 (Screen Quarto Grado)
Giuseppe e Marco Poggi in Trentino il 13 agosto 2007 (Screen Quarto Grado)
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A pochi giorni dal terzo appuntamento dell'incidente probatorio per il caso di Garlasco, previsto per venerdì 4 luglio, i genitori di Chiara Poggi hanno deciso di parlare, rilasciando un'intervista a Il Fatto Quotidiano, in cui rispondono a tutte le "accuse" più o meno velate che sono state fatte alla famiglia. È Marco Poggi, fratello della vittima, a essere maggiormente colpevolizzato, costringendo i genitori a dover giustificare i comportamenti di quel 13 agosto 2007. Per Giuseppe e Rita Poggi, l'assassino della propria figlia è Alberto Stasi, così come stabilito dalla legge e finora non vedono elementi nuovi nell'indagine aperta dalla procura di Pavia.

A dar fastidio ai signori Poggi nei giorni recenti è stato il sospetto che il proprio figlio, all'epoca 19enne, non si trovasse con loro in montagna. "Eravamo saliti fino a Croda del Becco, poi scesi giù superando il rifugio Biella, i telefoni non prendevano. Nel frattempo mia moglie aveva saputo della morte di Chiara e tentava di mettersi in contatto con noi", ha spiegato Giuseppe, papà di Chiara. Nell'intervista, poi, gli ha fatto eco la madre: "Io ero rimasta a valle, a San Vigilio di Marebbe. Mi avevano chiamata i carabinieri di Garlasco ed ero andata da un benzinaio a chiedere aiuto, quindi i soccorsi erano partiti per cercarli, avevano avvisato i rifugi di segnalare la loro eventuale presenza".

Nell'intervista, l'uomo ricostruisce quei momenti, ricordando che "quando arrivammo all’altezza del rifugio Fodara Vedla ci avvicinammo di corsa perché pioveva. Il proprietario ricevette la telefonata dal soccorso alpino, ci disse di aspettare lì. Ma ci riferì che mia moglie si era sentita poco bene, non disse la verità su Chiara". Un'accortezza per un padre e un fratello che si trovavano lontani dalla figlia e solo quando il signor Giuseppe è riuscito a sentire sua moglie, dopo il recupero del soccorso alpino, ha saputo che la figlia era morta: "'È caduta in casa lungo la scala' ci avevano raccontato". Eppure, nonostante i genitori abbiano mostrato le foto di quella vacanza, sia quelle digitali che quelle analogiche, i dubbi su Marco continuano ad aleggiare nell'opinione pubblica. "Era inimmaginabile che nostro figlio potesse essere accusato di aver ucciso sua sorella", ha detto la signora Rita. I genitori hanno raccontato del bel rapporto che ha legato Marco e Chiara, di 7 anni più grandi. Lei "badava spesso a lui quando era piccolo, lo faceva giocare", spiega la madre.

Ora però emerge l'ipotesi che Alberto Stasi potrebbe essere innocente, che è quello che ha sempre sostenuto lui. "Fino al suo arresto andavamo insieme al cimitero. Mi aspettavo sempre che ci dicesse: 'Mi stanno indagando, ma non ho ucciso Chiara'. Invece non lo diceva mai. Era strano. Che poi a proposito di cose strane, oggi stanno dicendo che Sempio è un assassino per tre telefonate di pochi secondi quella mattina, ma Stasi che ha fatto tutte quelle telefonate dalle 10 alle 13, allora? Chiara non rispondeva e lui non è andato a vedere cosa fosse successo per ore", ha detto ancora il padre nell'intervista, avanzando anche una richiesta alla procura: "Verifichino tutto così non riaprono di nuovo l’indagine tra qualche anno. Non è che noi non vogliamo la verità. Per noi la verità è quella stabilita dalla legge". Stesso concetto espresso anche dalla signora Rita, che ci ha tenuto a sottolineare che "non ce lo ha detto solo la legge, noi abbiamo seguito tutti i processi. Sappiamo come si è arrivati alla condanna".

I signori Poggi non credono evidentemente all'innocenza di Stasi e ritrovarsi al centro delle cronache dopo 18 anni con nubi che si adombrano anche sul figlio (non da parte della Procura) è insopportabile.

Ai giornalisti, parte dei quali sono "mele marce" stando alla definizione data dal signor Giuseppe per quelli che insinuano il coinvolgimento del figlio nella morte di Chiara, i genitori della vittima ora fanno un appello: "Vorremmo un po’ più di silenzio, noi da marzo siamo stati catapultati in una situazione perfino peggiore di quella di 18 anni fa. Spero che finisca tutto presto, abbiamo diritto a vivere tranquilli".

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