
"È svilente la semplificazione argomentativa" della tesi accusatoria della procura e del gip di Milano nell'inchiesta sull’urbanistica di Milano. Lo si legge nelle motivazioni del Riesame sulla scarcerazione di Alessandro Scandurra, anticipate dal Corriere della Sera. Secondo il tribunale della libertà, che ha annullato l'arresto per il professionista, deciso il 31 luglio scorso dal gip di Milano, non solo non sussistono le esigenze cautelari ma anche i "gravi indizi di colpevolezza". I giudici che hanno rimesso in libertà l'architetto gelano il gip: a loro avviso, "omette di considerare" le prove "nella loro dimensione dinamica, riproponendole acriticamente e connotandole di autoevidenza".
"La fattura non era falsa"
Uno dei capi di imputazione vede l'architetto accusato di corruzione in concorso con il numero 1 di Coima Manfredi Catella: è in discussione il suo conflitto di interessi, nel suo ruolo di membro della Commissione paesaggio del comune di Milano, visti i suoi rapporti professionali con la società immobiliare. Nella tesi accusatoria Scandurra, in virtù di un patto corruttivo, aveva partecipato alla "decisiva" seduta del 5 ottobre 2023 sul Pirellino in cambio di una dazione di denaro apparentemente non giustificata: chiamato a chiarire questo episodio, l'architetto ha prodotto una documentazione che i pm e il gip hanno ritenuto "falsa". Cioè una fattura da 28 mila euro, con data 31 luglio 2023, per un incarico che secondo l'accusa era troppo risalente nel tempo (settembre 2022) e con differenti importi. Ma per il tribunale del Riesame la fattura non è "affatto falsa": i soldi sono stati bonificati sul suo conto per un incarico reale, una due diligence su due aree, e per altro lo studio Scandurra ha "sollecitato più volte" il pagamento a Coima tramite e-mail. "Dunque, se queste sono le evidenze, non vi è alcuna prova del patto corruttivo. Scandurra - scrive il tribunale - ha partecipato alla "decisiva" seduta del 5.10.2023 della Commissione Paesaggio prima che il rapporto con Coima fosse formalizzato e in aderenza a quella che era la nuova disciplina del conflitto di interessi".
"Da gip e procura semplificazione svilente"
Le parole che seguono sono davvero trachant nei confronti del gip. Secondo il collegio il giudice preliminare ha ritenuto "indebite" le remunerazioni ricevute da Scandurra "senza, tuttavia, chiarirne le ragioni se non attraverso il ricorso a congetture". "Sarebbe sufficiente, per il gip - scrivono - l'esistenza di un pagamento e lo svolgimento della funzione pubblica in presunto conflitto di interessi per poter ritenere sussistente un accordo corruttivo". Concludono i giudici del Riesame con parole nette: "La semplificazione argomentativa è svilente". Scandurra, osservano, è "un professionista di alto livello, destinatario di riconoscimenti internazionali. Ha svolto i suoi incarichi per i quali ha ricevuto il giusto compenso.
Non vi è traccia di sovrafatturazioni o di fatture false" e "non si comprende sulla scorta di quali evidenze il gip abbia ritenuto che gli incarichi di progettazione siano stati affidati a Scandurra in ragione della sua funzione pubblica e non dell'attività di libero professionista". I compensi "non possono di certo definirsi 'lucrosi". Ecco che, a loro dire, "emerge, in definitiva, un quadro fattuale confuso".