
Un omicidio brutale, eseguito con ferocia e tentato di occultare con il fuoco. È questa la scena che si è presentata agli investigatori la mattina del 23 luglio scorso, quando il corpo carbonizzato di un uomo è stato rinvenuto all'interno di un appartamento in fiamme a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. La vittima è un 62enne, italiano di origine turca, Hayati Aroyo, ucciso con circa trenta coltellate prima che i suoi assassini cercassero di cancellare ogni prova appiccando un incendio all’interno dell’abitazione.
La svolta giudiziaria
A distanza di quasi due mesi, la svolta è arrivata grazie al lavoro congiunto della squadra mobile della questura di Milano e della procura di Monza, che ha portato all’esecuzione di tre fermi: un italiano di 38 anni, un cittadino albanese di 33 anni e una donna italiana di 36 anni. Per tutti, le accuse sono pesantissime: omicidio aggravato, rapina aggravata, incendio doloso e distruzione di cadavere.
Un’esecuzione maturata nel rancore
Gli investigatori, coordinati dalla procura brianzola, hanno escluso da subito il movente mafioso, nonostante la vittima risultasse legata a un nome noto negli ambienti criminali. Hayati Aroyo era infatti cognato di Huseyin Sarai, boss della mafia turca ucciso in un agguato a Crotone nel 2005. Ma le indagini hanno preso una direzione diversa. Nessun regolamento di conti, nessuna vendetta criminale: all'origine dell’omicidio ci sarebbero rapporti personali deteriorati, conflitti privati e rancori profondi. "La dinamica e le modalità dell’aggressione – spiegano fonti investigative – parlano di un delitto maturato in ambito personale, non riconducibile a faide o legami con ambienti mafiosi".
Le prove: tabulati, telecamere e intercettazioni
Decisivo per chiudere il cerchio attorno ai tre presunti assassini è stato l’incrocio di una vasta mole di dati investigativi: dalle immagini delle telecamere di sorveglianza presenti nei pressi dell’appartamento, all’analisi dei tabulati telefonici, fino a numerose intercettazioni ambientali e telefoniche. Le forze dell’ordine sono riuscite a ricostruire i movimenti dei tre indagati nella notte dell’omicidio e, soprattutto, a definirne i ruoli nella pianificazione e nell’esecuzione del crimine. L’obiettivo, secondo la ricostruzione dell’accusa, era duplice: uccidere l’uomo e poi distruggere ogni possibile traccia. Da qui l’incendio appiccato dopo l’omicidio, che tuttavia non è riuscito a eliminare tutti gli elementi utili per risalire agli autori.
In carcere in attesa della convalida
I due uomini sono stati trasferiti nella casa circondariale di Busto Arsizio, mentre la donna si trova attualmente detenuta nella casa circondariale di San Vittore a Milano. Tutti e tre sono in attesa dell’udienza di convalida del fermo di indiziato di delitto da parte del gip. Il caso, che inizialmente sembrava destinato a rimanere avvolto nel mistero, si avvia ora verso una fase decisiva. Le indagini proseguono, e non si esclude che nelle prossime settimane possano emergere ulteriori sviluppi o coinvolgimenti.
Chi era Hayati Aroyo
Nato in Turchia, cittadino italiano, Hayati Aroyo aveva 62 anni e viveva da tempo a Milano.
Era legato da vincoli di parentela a figure di rilievo della criminalità organizzata turca, ma secondo le autorità italiane non risultava coinvolto direttamente in attività illecite. Negli ultimi anni, conduceva una vita appartata, ma alcuni legami personali si sarebbero trasformati in motivi di scontro, fino alla tragica fine.