Affidare a Banca Akros il ruolo di bookrunner di una operazione di tale portata come la cessione della quota di Mps avvenuta a novembre scorso non sarebbe spiegabile se non "nel senso di volere pilotare l'attività di dismissione". Lo scrivono i pubblici ministeri di Milano, Luca Gaglio e Roberto Pellicano, nel decreto di perquisizione eseguita nell'ambito dell'inchiesta sulla scalata a Mediobanca. Banca Akros, osserva la procura di Milano, era "intermediario con una sola esperienza di Abb alle spalle, peraltro di entità notevolmente inferiore a quella in esame, laddove i precedenti Abb del Mef erano stati affidati a un pool di banche internazionali come 'Ubs, BofA, Jefferies, oltre che a Mediobanca". È bastata una manciata di minuti al Mef nel novembre 2024 per collocare il 15 per cento delle azioni Mps da parte di Delfin, del Gruppo Caltagirone, da Banco Bpm e da Anima.
La procedura, a detta dei pm, si sarebbe svolta in "violazione dell'art. 2 Dpcm" sull'avvio del processo di dismissione della partecipazione del Mef in Bmps. Inoltre, ad avviso degli inquirenti, sarebbero state violate anche le "regole di trasparenza raccomandate". La procedura di Abb "non è stata competitiva, perché nei fatti non è stato dato modo ad eventuali altri offerenti (es. Unicredit) di conoscere dimensioni e prezzo della cessione, per eventualmente effettuare offerte migliorative".
Nell'atto si evidenzia, per esempio, che "Akros, che non aveva disponibilità finanziarie sufficienti per garantire l'operazione, ha dovuto a sua volta ottenere garanzia dalla controllante Bpm per un importo pari a 600 milioni di euro (corrispondente al 7% delle azioni MPS)". E ancora: "Akros risulta aver effettuato già l'11.11.2024 (senza peraltro farne cenno nelle relazioni a Consob), prima dell'invito da parte del Mef, una simulazione di cessione del 15% di azioni Bmps, quantitativo che risulta poi effettivamente ceduto". Ciò porta a ritenere, assieme agli altri documenti acquisiti (...) che Akros (e la controllante Bpm) fossero informate nel dettaglio delle intenzioni dello stesso Mef.
A ciò si aggiunge, tra l'altro, il fatto che "non è stata data - come invece prassi - un'informazione al mercato sull'orientamento di prezzo delle offerte" in quanto il Ministero "risulta essersi opposto" comunicazione "tramite piattaforma Bloomberg su cui è stato diffuso solo "che il book era chiuso". E infine, oltre alle offerte del gruppo ristretto di acquirenti "di identico valore, ossia 5,9 euro per azione, con un premio pari al 6,96%33", "la repentina chiusura del book, alle 19:40 e dopo 5 minuti dall'unico aggiornamento Bloomberg" la preclusioine della "partecipazione di diversi investitori istituzionali e strategici espressamente interessati", tra cui Unicredit.
La tesi dei pm è che il ministero era interessato a creare un nucleo di investitori italiani per Mps, e nello specifico proprio "Delfin, Bpm e Anima". In sostanza la gara non fu "competitiva e trasparente" ma "caratterizzata da anomalie, e costruita in modo tale che risultassero acquirenti i soggetti che avevano condiviso e che avrebbero beneficiato del progetto di controllo di Mediobanca”. "Generali è strategica fin dall'inizio", le parole dell'ad di Mps Luigi Lovaglio all'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, sull'annuncio di Mediobanca, del 28 aprile scorso, di una Ops per uno scambio della sua quota in Generali in azioni Banca Generali.
Nel dialogo, riportato nell'atto di perquisizione dei pm di Milano, Lovaglio spiega - per i Pm - che le sue "dichiarazioni pubbliche in senso opposto fossero un espediente (...) per non rendere palesi gli accordi con i soci Caltagirone e Delfin che (...) fin dall'inizio puntavano su Generali".