Cronaca giudiziaria

"Mirare bene e poi colpire". Così Cospito comunicava fuori dal carcere

Gli articoli sulle riviste anarchiche vergati dal carcere assunti come manifesto della lotta insurrezionale violenta: così Cospito istigava alla lotta

"Mirare bene e poi colpire". Così Cospito comunicava fuori dal carcere

L'attività dello Stato per il ripristino nella legalità negli ambienti anarchici non si ferma e si muove anche nell'ombra, com'è accaduto ieri, quando sono state effettuate perquisizioni tra Foligno e Spoleto. Otto anarchici sono stati controllati dalle forze dell'ordine per gli attacchi compiuti in Rai a Roma lo scorso novembre e per aver interrotto uno spettacolo al teatro Argentina, sempre nella Capitale. Tra gli anarchici umbri posti sotto attenzione c'è anche Michele Fabiani, nome noto nell'ambiente e alle forze dell'ordine, essendo pregiudicato per reati eversivi. Ma non solo, perché nelle carte della procura il suo nome emerge come "figura baricentrica" nel merito del suo rapporto con Alfredo Cospito.

Mentre il pool difensivo dell'anarchico gioca tutte le sue carte e, avendo esaurito quelle disponibili per l'ordinamento italiano, si rivolge al sistema internazionale, l'ordine giudiziario del nostro Paese prosegue le sue indagini per la ricostruzione della rete anarchica. Fabiani e Cospito sono due elementi centrali del sistema eversivo: si sono conosciuti anni fa nel carcere di Ferrara e la conoscenza dell'anarchico al 41-bis ha permesso all'umbro di accreditarsi come figura autoritaria nell'ambiente. Anche grazie a questo, ha potuto fondare e diffondere capillarmente la sua rivista "Il Vetriolo" una volta fuori dal carcere ed è proprio attraverso le pagine di questa pubblicazione che Cospito inizia la sua attività di comunicazione con l'esterno.

Nella sua ultima lettera, l'anarchico rifiuta la ricostruzione che lo vede autore di "pizzini" dal carcere e parla dei suoi scritti come di "articoli" ma in quelle righe, qualunque sia la loro definizione, gli anarchici vedono la dottrina da seguire: "Azione diretta distruttiva per rilanciare sul piano operativo l'area anarcoinsurrezionalista". La Fai, Federazione anarchica informale, è la sigla di riferimento di Cospito, che ha rilanciato la lotta violenta, incasellandosi nel terrorismo dopo anni di azioni simboliche votate al sabotaggio da parte delle altre sigle. La gambizzazione di Roberto Adinolfi diventa quasi un manifesto per il movimento anarchico, che idealizza Cospito e il suo complice di quell'azione.

L'anarchico non smette mai di essere partecipe della vita di redazione de "Il Vetriolo", riceve gli articoli da revisionare prima della pubblicazione e tramite i familiari ottiene le informazioni dall'esterno per continuare la sua opera. Una sua intervista, che diventa una serie di redazionali a puntate per diversi numeri, viene assunta come "bibbia" dell'anarchismo militante proprio in virtù, come spiegano gli investigatori e come riporta La Stampa, del carisma e della forte influenza che Cospito esercita sugli attivisti. L'anarchico parla di identificazione "nell'ideologia della lotta armata" e il suo obiettivo, quello che lui stesso auspica e lavora a realizzare, è "uno scontro violento armi in pugno contro il sistema".

Vuole che vengano colpite le persone, che non ci si limiti alle azioni di sabotaggio, per attuare "la sovversione sociale", perché "il padrone può e deve sanguinare". Dai suoi scritti istiga all'azione, a "colpire e mirare bene". È per questi "articoli", come li chiama lui, che la procura di Perugia individua un collegamento tra la fronda anarchica libera e quella reclusa ed è questo l'elemento che porta, tra gli altri, al 41 bis per Alfredo Cospito.

Nei prossimi giorni si terrà l'ennesimo riesame sul tema ma intanto le braci anarchiche violente tornano ad ardere e a preoccupare.

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