Cronaca giudiziaria

"Non sono dell’Isis, ma contro il regime di Assad"

Interrogato Rafaei: "Soldi per le vedove dei campi profughi per beneficenza. Frasi anti Meloni? Solo critiche"

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«Non sono dell'Isis, credevo che l'Italia fosse il Paese della libertà, anche di espressione. E non sapevo che fosse reato scrivere sui social o mettere un like a frasi di minaccia o di odio contro l'Occidente»: si è difeso così, in sintesi, Alaa Rafaei, rispondendo a tutte le domande del gip durante l'interrogatorio di convalida di ieri. L'uomo, 43enne nato in Egitto e con cittadinanza italiana, ha pianto durante il colloquio con il giudice e si è dissociato dall'ideologia jihadista.

Rafaei è stato arrestato tre giorni fa dalla Digos di Milano con l'amico 49enne Gharib Nosair con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere, di avere in sostanza aderito all'Isis. Nel carcere di San Vittore, assistito dall'avvocato Emanuele Perego, è stato ascoltato dal gip Fabrizio Filice, che si è riservato sulla decisione della convalida. La difesa ha chiesto per Rafaei i domiciliari. L'inchiesta che ha portato ai due arresti è stata coordinata dal procuratore Marcello Viola e dal pm Alessandro Gobbis. «Non faccio parte dell'Isis - ha detto il 43enne -, mettevo commenti di approvazione soltanto alle loro azioni contro il regime siriano di Assad. I soldi versati alle vedove dei campi profughi poi erano una forma di beneficenza e le frasi contro Giorgia Meloni erano solo critica politica». Secondo gli inquirenti, i due amici avrebbero messo in atto «una consapevole e deliberata attività di proselitismo via social a favore dell'Isis». Rafaei, che è in Italia da 23 anni, ha spiegato che «mai e poi mai» aveva in mente di fare azioni contro l'Occidente o l'Italia, perché «io in Italia sto bene, ci ho portato la mia famiglia, per me l'Italia è il Paese della libertà». E sulle presunte minacce on line a Meloni, l'arrestato ha dichiarato che erano solo «una forma di scherzo, di critica politica, perché l'Italia appunto è un Paese libero, non come l'Egitto. Non mi sono reso conto che fosse un reato mettere quelle cose on line». Dopo le perquisizioni dello scorso dicembre, ha aggiunto il suo legale, «ha smesso di frequentare quei siti estremisti, ai quali lo aveva avvicinato l'altro arrestato», ossia Nosair che, stando alle indagini, lo avrebbe indottrinato. Il 43enne davanti al giudice «era stravolto, si è messo a piangere, perché pensa ai suoi tre figli minorenni e alla moglie». Anche Nosair, assistito dall'avvocato Massimo Lanteri, ha risposto a tutte le domande e ha per lo più ricalcato la versione dell'amico.

Le frasi sui social, ha detto, «erano solo messaggi di simpatia verso l'Isis per riscattare le masse disagiate in Siria e Irak».

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