Cronaca giudiziaria

L'orrore di Oshegale su Pamela: "Prima l'ha costretta, poi..."

“Prima l’ha costretta e poi si è approfittato di lei”, la ricostruzione della Corte di assise di appello di Perugia

Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, mentre mostra una foto dei resti della figlia
Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, mentre mostra una foto dei resti della figlia

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L'orrore di Oshegale su Pamela: "Prima l'ha costretta, poi..."

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Rese note le motivazioni della sentenza di appello bis – relativa alla sola aggravante di violenza sessuale – che ha confermato l’ergastolo nei confronti di Innocent Oseghale, accusato di aver stuprato, ucciso e fatto a pezzi la diciottenne Pamela Mastropietro il 30 gennaio del 2018. Per la Corte di assise di appello di Perugia si ritiene "fondatamente affermata la ricorrenza della contestata aggravante a carico dell'imputato" ossia"aver commesso l'omicidio in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale". Da parte dello straniero c’è stata una iniziale violenza di tipo costrittivo, divenuta poi necessaria “nel palesato dissenso di Pamela una volta resasi conto delle reali intenzioni del suo partner". Secondo quanto ricostruito, la diciottenne non ha voluto un rapporto sessuale non protetto. Successivamente, c'è stato un"approfittamento - senza soluzione di continuità alcuna - dello stato soporoso ormai completamente manifestatosi nella vittima" che era sotto l’effetto di droga.

Caso Pamela, le motivazioni della sentenza contro Oseghale

Una volta scemato l’effetto delle sostanze stupefacenti, Pamela ha ripreso coscienza gradualmente e ha confermato il dissenso a rapporti sessuali non protetti. La giovane ha però dovuto fare i conti con“l’abnorme reazione di Oseghale” che “non ha esitato ad ucciderla”. La Corte ha sentito due uomini con i quali Pamela ebbe rapporti prima di incontrare Oseghale, concludendo che "Pamela non avrebbe mai potuto acconsentire - né aveva acconsentito - ad un rapporto sessuale non protetto con l'imputato".

Seppur ben consapevole della prospettiva di doversi sessualmente intrattenere con lui, accettando l’invito a caso di Oseghale“era ‘tranquilla’ perché aveva ancora con sé i due profilattici" che dunque "le assicuravano la 'tranquilla’ prospettiva di consumare un rapporto sessuale con quell'uomo senza rinunciare alla necessaria protezione". Secondo la Corte, "deve ritenersi che Pamela, una volta giunta nell'appartamento di Oseghale, avesse deciso di soddisfare per prima cosa il più urgente bisogno che in quel momento l'attanagliava: assumere pressoché immediatamente la droga" anche perché non era più coperta dalle terapie che venivano somministrate in comunità.

Per vincere la resistenza della ragazza per un rapporto senza protezione, Oseghale l’ha prima percossa e colpita e poi, con l’effetto della droga sulla ragazza, ha portato a termine l’atto sessuale senza protezione, "agendo dunque in sprezzante trasgressione di quelle modalità di consumazione assai più sicure che la povera Pamela non poteva non aver richiesto o, comunque, dato per 'scontato’ in considerazione delle connotazioni del rapporto e dell'essere lei stessa in grado di fornirgli i due profilattici". In base a quanto ricostruito dai giudici, una volta finito l’effetto della droga e presa coscienza del rapporto non protetto, Pamela ha esternato la sua rabbia ed è nato un acceso contrato tra i due. “Di fronte ad una così inaspettata reazione della ragazza", l’imputato ha "deciso di risolvere il problema aggredendola fisicamente con le due coltellate sino portare a termine l'azione omicidiaria mediante le modalità e le forme già incontrovertibilmente accertate; dedicandosi poi, con fredda lucidità, a cercare di far scomparire totalmente le tracce biologiche che avrebbero potuto ricondurre alla sua persona".

Le parole della difesa dell’imputato

La difesa di Oseghale non ci sta.

Interpellato dall’Adnkronos, l'avvocato Simone Matraxia - legale insieme a Umberto Gramenzi dell’imputato – ha commentato in maniera perentoria le motivazioni della Corte:“Proporremo ricorso in Cassazione convinti dell'estraneità dell'imputato rispetto all'ipotesi della violenza sessuale”.

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