
Ribaltata la sentenza che indignava. «Aveva già avuto rapporti dunque era in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione». Questo era uno dei passaggi del verdetto di primo grado con cui il tribunale di Macerata, tre anni fa, aveva assolto un 31enne dall'accusa di aver commesso una violenza sessuale su una 17enne, commessa nel 2019.
Ieri la Corte d'appello di Ancona ha rovesciato questa sentenza, condannando l'imputato per gli abusi sessuali. Tre anni di carcere, questa la pena, inferiore a quella sollecitata dalla sostituta procuratrice generale Cristina Polenzani, che aveva chiesto 4 anni e un mese, come in primo grado.
La sentenza di Ancora è arrivata, nel tardo pomeriggio di ieri, dopo una giornata di grandi polemiche suscitate proprio da alcuni passaggi del verdetto dei giudici di primo grado, che avevano escluso la violenza sulla base di varie considerazioni, tra le quali si annoverava il fatto che la 17enne non avrebbe «in alcun modo opposto resistenza né invocato aiuto», né avrebbe «cercato di sottrarsi ad esempio aprendo la portiera posteriore pur potendolo fare tranquillamente».
La vicenda era presto diventata un caso politico. «Non si può che provare indignazione e amarezza» aveva detto la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli. «Sostenere che una ragazza di 17 anni, solo perché aveva già avuto rapporti, potesse immaginarsi gli sviluppi della situazione significa negare il principio stesso del consenso».
«La sentenza choc che ha assolto in primo grado un giovane dallo stupro perché la ragazza non era vergine e quindi sapeva cosa l'aspettava sul sedile posteriore di un'auto, conferma che in Italia c'è assoluto bisogno di una legge sul consenso» hanno scritto i parlamentari del Pd in commissione Femminicidio, chiedendo al Parlamento, di «schierarsi senza distinzione di colori politici e appartenenze su una battaglia per l'approvazione di un testo di civiltà per le donne».
In aula la richiesta dell'accusa di una condanna per violenza sessuale. La giovane - ha spiegato la pg - aveva acconsentito ad «effusioni» ma manifestando subito la volontà di non andare oltre. «Per non incorrere in violenza il consenso ci deve essere dall'inizio alla fine del rapporto» ha sottolinea l'accusa. La giovane, hanno ricordato il pg e il legale di parte civile, era uscita dall'auto raccontando subito alla sua migliore amica che le era accaduto. Dopo i fatti inoltre la ragazza ha dovuto far ricorso a un sostegno psicologico per due anni. Nell'auto, il racconto della giovane, aveva tentato di urlare ma l'imputato la bloccava con una mano ed era troppo più forte di lei.
I difensori del 31enne, presente al processo, si sono detti sorpresi dal verdetto, definendo la sentenza di primo grado «lineare» e annunciando il ricorso in Cassazione dopo aver letto le motivazioni che verranno depositata entro 90 giorni.