Svolta nel caso Regeni: gli 007 egiziani potranno essere processati

Il procedimento contro i quattro 007 egiziani potrà riprendere per effetto dell'ultima decisione della Corte Costituzionale

Svolta nel caso Regeni: gli 007 egiziani potranno essere processati
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Il processo adesso potrà andare avanti: a distanza di più di sette anni dalla morte di Giulio Regeni, avvenuta dopo le torture inflitte al giovane ricercatore friuliano in una palazzina dei servizi segreti egiziani al Cairo, il procedimento per stabilire e ricostruire la verità dei fatti potrà riprendere. Questo per effetto della recente decisione della Corte Costituzionale, secondo cui un processo non può interrompersi per la mancata collaborazione delle autorità dello Stato di provenienza degli imputati.

La decisione della Corte

La Corte era chiamata a esprimersi in merito a una richiesta da parte del Gup del tribunale di Roma, Roberto Ranazzi, e formalizzata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Sergio Colaiocco. La richiesta riguardava per l'appunto la questione di legittimità dell'articolo 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale. La parte in questione recita che "non è previsto che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall'articolo 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, è impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa".

Secondo la corte per l'appunto, l'applicazione di questo articolo non può essere prevista per il caso in esame. Dunque, il processo potrà subito riprendere nonostante l'irreperibilità dei 4 imputati. Ossia gli 007 egiziani accusati di aver torturato e ucciso il giovane ricercatore. I loro nomi corrispondono a quelli del generale Sabir Tariq, dei colonnelli Mohamed Athar Kamel e Helmy Uhsam e del maggiore Magdi Ibrahim Sharif.

Fino a oggi l'Egitto non ha mai reso noti alle autorità italiane i loro recapiti. Dunque, nessuno della procura di Roma ha mai potuto materialmente consegnare gli avvisi e i documenti necessari per le loro convocazioni e partecipazioni ai dibattiti. Da qui uno stallo nel processo che è andato avanti per almeno due anni.

Cosa succede adesso

Caduta dunque la legittimità dell'applicazione del comma in questione, i dibattimenti potranno riprendere. A giorni la Consulta pubblicherà le motivazioni della sentenza, nel frattempo con i 4 imputati tornati processabili si lavorerà per proseguire con il procedimento. La notizia è stata accolta con soddisfazione dalla famiglia Regeni.

"Abbiamo resistito oltre sette anni confidando nei principi costituzionali - si legge in una nota dei genitori del ricercatore friulano - il no al processo ripugnava il senso di giustizia". Anche il procuratore Lo Voi ha espresso soddisfazione.

"C'è grande soddisfazione sicuramente - si legge in una nota del magistrato - per la possibilità di celebrare un processo secondo le nostre norme costituzionali che restano il faro del nostro lavoro. Per il resto aspettiamo le motivazioni per vedere come procedere sperando di una trovare la parte civile al nostro fianco nelle fasi". successive".

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