“Libera e autonoma”. Così Saman è stata uccisa dal “clan”

Diffuse le motivazioni della sentenza d’appello che ha portato alla condanna all’ergastolo dei cugini precedentemente assolti

“Libera e autonoma”. Così Saman è stata uccisa dal “clan”
00:00 00:00

Saman Abbas è stata uccisa perché voleva essere libera e autonoma, senza seguire i valori etici e il credo religioso della sua famiglia d'origine. Una "Italian Girl", questo il suo nickname sui social, che fumava, si vestiva all'occidentale e ascoltava la trap e soprattutto si era opposta a un matrimonio forzato. È ciò che pensano i giudici dei motivi alla base dell'uccisione di ragazza appena maggiorenne, uccisa "con fredda lucidità" a Novellara dai suoi familiari 30 aprile 2021. Un omicidio efferato di cui si sono sporcati, come fossero un "clan" (queste le parole usate dai giudici della corte d'Assise d'appello) i suoi consaguinei strettissimi - papà e mamma Shabbar Abbas e Nazia Shaheen - i cugini Ikram Ijaz e Noman Ul Haq, precedentemente assolti nel primo grado di giudizio. La corte d'appello ha inflitto per i quattro imputati la condanna all'ergastolo. In secondo grado è stata inoltre innalzata la condanna per lo zio Danish Hasnain, da 14 a 22 anni: l’uomo aveva condotto, nel novembre 2022, la polizia giudiziaria nel luogo in cui era stato occultato il corpo della nipote. Scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza che Saman è stata uccisa “dal clan con fredda lucidità e programmata per un congruo lasso di tempo, ritenendosi insopportabile il fatto che Saman avesse deciso non solo di scegliere di vivere liberamente e in piena autonomia la propria vita […] in distonia con i valori etici e il credo religioso”.

Si è spesso parlato, in fase di indagini, del movente e delle presunte responsabilità di coloro che poi sono stati rinviati a giudizio: l’ipotesi a cui si è attribuito più peso è stata quella dell’omicidio d’onore. Saman si era infatti opposta al matrimonio forzato con un cugino più vecchio di dieci anni, si era fidanzata con un coetaneo anche lui immigrato in Italia e all’epoca risiedente nel Frusinate, aveva denunciato i genitori ed era stata portata in comunità da servizi sociali e forze dell’ordine italiane. Sui social si autodipingeva come un’“Italian Girl” - questo il suo nickname - vestiva all’occidentale, fumava la sigaretta elettronica e ascoltava la musica del trapper Baby Gang.

Ma il punto di rottura per i giudici sarebbe stato rappresentato dalla volontà di lasciare la famiglia per stare con il fidanzato Saqib Ayub, con il quale aveva già acquistato gli abiti di nozze: era tornata a casa nei giorni dell’omicidio, per recuperare i documenti che i genitori le avrebbero sottratto. Chiariscono ancora le motivazioni della sentenza: “Una volta avuta definitiva conferma della determinazione di Saman di allontanarsi dal nucleo per vivere una propria vita”, i cinque imputati sarebbero stati “determinati a dare esecuzione al progetto diretto a sopprimerla”.

Dopo la sentenza d’appello, i cugini si erano rivolti al Riesame per la custodia cautelare in attesa della Cassazione, ricevendo parere negativo: “Hanno già dimostrato di possedere la spregiudicatezza e la concreta capacità di darsi

alla fuga. Dunque è altamente probabile che, se rimessi in libertà, anche con obblighi, si rendano irreperibili”, così si era pronunciato il tribunale, confermando lo stato di arresto che era seguito alla sentenza.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica