
L’inclusività esasperata può essere controproducente, perché si può perdere il lume della ragione: quanto accaduto in Gran Bretagna è un ottimo esempio. Siamo nel villaggio di Bilton, a Rugby, vicino Birmingham. La scuola secondaria del Warwickshire ha organizzato il “Diversity Day”, ossia la giornata della celebrazione delle culture. Ma evidentemente andavano bene tutte le culture tranne quella britannica, considerando che una dodicenne è stata espulsa per aver indossato un abito con la bandiera britannica.
Non è una boutade, ma quanto accaduto alla giovanissima Courtney Wright. Lei, tra le prime della classe, ha deciso di indossare con orgoglio l’Union Jack in stile Spice Girls, molto simile ma certamente più sobrio rispetto a quello indossato da Geri Halliwell nel 1997. Per promuovere la sua cultura, un bel discorso in cui esaltava il tè, il fish and chips, il senso dell’umorismo, nonché i valori umani della sua patria. Ma nell’epoca dell’ossessione woke non tutto è permesso.
Come confermato dal padre Stuart Field, gli insegnanti le hanno impedito di tenere il suo discorso e l’hanno cacciata dalle celebrazioni. I docenti, infatti, hanno chiamato il genitore per invitarlo a riprendersela: “Solo le altre culture sono autorizzate a celebrare, lei può celebrare l’essere britannica ogni giorno”. Robe da pazzi.
Il caso ha comprensibilmente acceso il dibattito in rete. La scuola ha chiesto scusa alla giovane – “impareremo da questa esperienza e garantiremo che ogni studente si senta riconosciuto e supportato nell’esprimere orgoglio per le proprie origini” – ma questo non ha placato l’ira dei britannici, stufi di questo multiculturalismo distorto.
Anche il governo è intervenuto: “Il primo ministro è stato chiaro che essere britannici è qualcosa che deve essere celebrato e lo si può vedere da tutto ciò che questo governo ha fatto. Siamo un Paese tollerante, diversificato e aperto: siamo orgogliosi di essere britannici” le parole del portavoce del premier Keir Starmer.