"Violati i sistemi telefonici": così gli hacker cinesi hanno "ascoltato" gli Usa

Gli hacker cinesi hanno avuto accesso alle reti dei fornitori di banda larga statunitensi e hanno ottenuto informazioni dai sistemi utilizzati dal governo federale per le intercettazioni telefoniche autorizzate dal tribunale

"Violati i sistemi telefonici": così gli hacker cinesi hanno "ascoltato" gli Usa
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Gli Stati Uniti sono in apprensione per un’operazione effettuata da presunti hacker legati al governo cinese. Alcuni cyber criminali, ha spiegato il Wall Street Journal in una lunga inchiesta, hanno violato le reti di una serie di fornitori di servizi a banda larga negli Usa, e potrebbero aver ottenuto l'accesso a informazioni provenienti dai sistemi utilizzati dal governo federale statunitense per effettuare intercettazioni telefoniche autorizzate da mandati giudiziari.

L’attacco hacker e i timori Usa

Per il quotidiano americano, gli hacker cinesi potrebbero aver mantenuto per mesi, o anche per più tempo, l’accesso all'infrastruttura di rete utilizzata per cooperare con le richieste delle autorità statunitensi di dati sulle comunicazioni nell'ambito di indagini di rilievo penale e di sicurezza, con un rischio potenzialmente gravissimo per la sicurezza nazionale. Secondo le fonti citate dal quotidiano, gli stessi hacker avrebbero ottenuto anche l'accesso ad altri flussi di traffico internet più generici.

L'intrusione avrebbe interessato le reti dei grandi fornitori di servizi di rete e telecomunicazioni Verizon Communications, AT&T e Lumen Technologies. Si tratta, stando alle fonti citate dal WSJ, di una violazione della sicurezza "potenzialmente catastrofica", che le autorità statunitensi imputerebbero al gruppo di hacker cinesi soprannominato "Salt Typhoon". L'attacco informatico e la sua vastità sono stati scoperti soltanto nelle ultime settimane, e sono attualmente oggetto di un'indagine attiva da parte del governo statunitense e degli analisti di sicurezza del settore privato.

Il ministero degli Esteri cinese ha risposto di non essere a conoscenza dell'attacco in questione. "In un momento in cui la sicurezza informatica è diventata una sfida comune per tutti i Paesi del mondo, questo approccio errato non farà altro che ostacolare gli sforzi della comunità internazionale per affrontare congiuntamente la sfida attraverso il dialogo e la cooperazione", ha affermato il ministero in una dichiarazione alla Reuters.

Il precedente

C’è un precedente che chiama in causa Cina e Stati Uniti. Nel luglio 2023, il Dipartimento di Stato degli Usa era stato colpito da una sospetta campagna di hacking cinese. L’episodio si sarebbe verificato il 16 giugno, prima del viaggio in Cina del segretario di Stato Antony Blinken, ma la notizia è stata diffusa soltanto settimane più tardi. Non un giorno qualunque, ma nel giorno in cui lo stesso Blinken avrebbe dovuto incontrare Wang Yi, il direttore dell'Ufficio della Commissione Centrale per gli Affari Esteri del Partito Comunista Cinese, a margine del vertice Asean a Jakarta, in Indonesia.

Il solito Wall Street Journal scriveva che presunti hacker cinesi erano riusciti a penetrare negli account di posta elettronica del segretario al commercio, Gina Raimondo, e di altri funzionari del dipartimento di Stato. Un piccolo numero di dipendenti, dunque, sarebbe stato compromesso nell'attacco ma i pirati informatici non avrebbero avuto accesso a informazioni sensibili sulla sicurezza nazionale. In quel caso era stata aperta un'inchiesta sull'attività sospetta, probabilmente legata ai servizi militari o di spionaggio cinesi.

Non solo: il governo degli Stati Uniti non aveva formalmente attribuito l'attacco alla Cina, forse perché l'amministrazione Biden stava cercando di mantenere i colloqui con Pechino.

Ma in privato, spiegava il New York Times, i funzionari statunitensi erano d'accordo con l'attribuzione dell'attacco informatico al Dragone, sostenendo che l’azione aveva i segni di "un sofisticato attacco sostenuto dal governo".

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