La recente rivelazione secondo cui il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche iraniano avrebbe pianificato l’assassinio dell’ambasciatrice israeliana in Messico, Einat Kranz-Neiger, offre in queste ore uno spaccato della portata transnazionale delle operazioni di Teheran. Secondo quanto riportato da Axios e successivamente confermato da diverse fonti internazionali, il piano, avviato tra la fine del 2024 e l’estate del 2025, sarebbe stato sventato dai servizi di sicurezza messicani grazie alla cooperazione con alleati stranieri.
L’episodio si inserisce nel più ampio contesto delle attività estere dell’IRGC, in particolare della sua unità d’élite, la Forza Quds, specializzata nel condurre operazioni al di fuori dei confini iraniani. L’obiettivo, secondo fonti statunitensi e israeliane, era colpire la rappresentante diplomatica di Israele a Città del Messico, in un’operazione che si sarebbe ispirata a precedenti tentativi iraniani di colpire interessi israeliani o occidentali in Paesi terzi.
Un funzionario americano ha riferito che l’operazione è stata “contenuta” e che non rappresenta più una minaccia attuale, ma la vicenda ha riacceso l’attenzione sulla capacità dell’Iran di proiettare la propria influenza e le proprie vendette politiche su scala globale. Il governo israeliano ha espresso gratitudine alle autorità messicane, sottolineando come la comunità internazionale debba restare vigile di fronte a quella che viene definita una “rete globale di terrorismo di Stato”.
L’attacco pianificato in Messico rappresenta un salto di scala nella cosiddetta “guerra ombra” tra Iran e Israele. A differenza delle azioni più note in Medio Oriente o in Europa, questa volta il teatro scelto è l’America Latina, una regione storicamente distante dai conflitti mediorientali ma già in passato toccata da operazioni sospette di matrice iraniana. Non a caso, il caso richiama alla memoria il tentato attentato del 2011 contro l’ambasciatore saudita negli Stati Uniti, che avrebbe dovuto essere realizzato attraverso contatti con gruppi criminali messicani.
La scelta del Messico come base operativa sottolinea due aspetti: da un lato, la crescente vulnerabilità della regione rispetto a reti di intelligence straniere; dall’altro, la volontà di Teheran di dimostrare che i propri avversari non sono al sicuro neppure nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per il Messico, questa vicenda segna un punto di svolta nella percezione del rischio: da Paese tradizionalmente impegnato in questioni interne di sicurezza, si ritrova ora al centro di un intrigo internazionale che coinvolge potenze lontane. L’Iran, da parte sua, non ha rilasciato commenti ufficiali. La missione iraniana presso le Nazioni Unite si è limitata a non rispondere alle richieste di chiarimento.
Restano molte domande aperte: non è chiaro quanto il piano fosse vicino alla fase operativa, né se fosse stato autorizzato direttamente dai vertici iraniani o gestito da cellule semi-autonome della Forza Quds.
Non è escluso che le indagini in corso possano rivelare ulteriori connessioni con altri Paesi della regione, come Perù o Colombia, dove in passato sono stati arrestati individui sospettati di legami con l’intelligence iraniana.