La Cina continua da anni a rafforzare il proprio settore della Difesa. Pechino sforna nuovi mezzi e armi a raffica: da droni a navi, da missili a tank. Tutto questo ha portato i rivali del Dragone, su tutti Giappone e Stati Uniti, a far crescere le rispettive industrie nazionali di armamenti per contrastare la potenziale minaccia del gigante asiatico. Eppure, nonostante i timori e le preoccupazioni, le fabbriche di armi di Xi Jinping sarebbero in seria difficoltà. Secondo un rapporto dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), l'anno scorso l'industria della difesa cinese si è ridotta del 10%. Non solo: negli ultimi 10 anni decine di persone sono state epurate nell'ambito della vasta campagna anti corruzione di Xi, compresi alcuni membri della sua cerchia ristretta.
Il tallone d'Achille di Xi
Come ha spiegato il Telegraph, nonostante la Cina abbia l'esercito più grande del mondo e stia sempre più rivaleggiando con gli Stati Uniti per il titolo di esercito più forte del pianeta, il calo delle entrate della Difesa mette in dubbio l'avanzamento (e la qualità) di questa tendenza. Alcuni dei colossi dello Stato del Dragone, come Norinco e China Aerospace Science and Technology Corporation (CASC) — rispettivamente produttrice di armamenti terrestri e tecnologia missilistica/aerospaziale — hanno registrato cali marcati (Norinco del – 31 %).
Come ha evidenziato Italpress, il dato appare paradossale solo in apparenza: pur con la spesa per la difesa della Cina cresciuta — per il 2025 è previsto un aumento del budget militare del 7,2 % — la catena produttiva bellica soffre per i contraccolpi delle purghe anticorruzione che dal 2012, e con impeto crescente negli ultimi anni, hanno travolto vertici militari e parti centrali del complesso industriale.
"Una serie di accuse di corruzione nell'approvvigionamento di armi da parte della Cina ha portato al rinvio o alla cancellazione di importanti contratti di fornitura di armi nel 2024", ha spiegato Nan Tian direttore del programma di spesa militare e produzione di armi del SIPRI. "Ciò accresce l'incertezza sullo stato degli sforzi di modernizzazione militare della Cina e su quando si materializzeranno le nuove capacità", ha quindi aggiunto.
Il problema della corruzione
Negli ultimi anni, l'industria militare cinese ha subito un'ondata di purghe senza precedenti che ha colpito i vertici delle Forze armate e delle principali aziende del settore. Nel 2014 e nel 2015 furono epurati due ex vicepresidenti della Commissione militare centrale, mentre all'inizio di quest’anno anche un vicepresidente in carica e il secondo funzionario più alto dell’esercito cinese sono stati licenziati, segnando un precedente storico per l’alto grado dei dirigenti coinvolti.
Decine di altri ufficiali della marina, delle forze di terra, della forza missilistica e dell’aeronautica, insieme a figure chiave dell’industria bellica, hanno subito analoghi provvedimenti. Nel 2023, tra i dirigenti epurati figuravano Liu Shiquan, presidente di Norinco, Wu Yansheng della China Aerospace Science and Technology Corporation (CASC) e Wang Changqing, vicedirettore della China Aerospace Science and Industry Corporation, provocando un forte rallentamento della produzione militare nazionale.
Secondo il rapporto SIPRI, nel 2024 Norinco ha registrato un calo del fatturato del 31%, il più significativo tra le aziende cinesi, mentre la CASC ha subito un calo del 16%, in gran parte dovuto al rinvio di progetti militari sui satelliti e sui veicoli di lancio. Anche la CETC e l’Aviation Industry Corporation of China hanno registrato perdite rispettivamente del 10% e poco più dell’1%, mentre solo la China State Shipbuilding Corporation e la Aero Engine Corporation of China hanno visto aumenti dei ricavi.
Questi numeri rischiano di complicare gli ambiziosi piani di Xi, che punta all’espansione militare e al rafforzamento del controllo nel Mar Cinese Meridionale, mantenendo pressioni costanti su Taiwan.
Nel contesto regionale, Pechino deve anche confrontarsi con la crescente militarizzazione del Giappone, accentuata dalle dichiarazioni del primo ministro Sanae Takaichi su possibili risposte militari a un’emergenza a Taiwan.