
Si dice che il suo ultimo “capitano” sia stato una gatta randagia ferita, poi curata e ospitata tra vani e bottoni. È l’S506 “Enrico Toti”, il sottomarino più amato di Milano, una città in cui, in barba a quello che cantano Cochi e Renato, non c’è mai stato il mare.
Il sottomarino Toti venne varato il 12 marzo 1967: si tratta di un Ssk, acronimo di Submarine-Submarine Killer, ovvero destinato all'attacco e alla distruzione di altri sottomarini. Come riporta il sito del Museo della Scienza, il Toti era composto “da battelli di piccole dimensioni, adatti al Mediterraneo, e caratterizzati da sistemi tecnici avanzati (siluri filoguidati con testata autocercante). Per un sottomarino cacciatore come il Toti, gli ‘occhi’ erano indispensabili: un dispositivo capace di emettere e ricevere onde ultrasoniche (impianto idrofonico-ecogoniometrico) permetteva di localizzare gli oggetti subacquei”.
L’(unico) ultimo viaggio del sottomarino Toti
Il sito Divina Milano ha raccontato minuziosamente il viaggio, in parte via mare e in parte via terra, che ha portato il Toti al Museo della Scienza della Tecnologia "Leonardo da Vinci", nel cuore di Milano, dove ora è visitabile anche internamente. Il veicolo venne dismesso nel 1997 e la decisione di renderlo un oggetto di apprendimento anche per non addetti ai lavori richiese un lungo e complesso studio di fattibilità.
Sostanzialmente però, il sottomarino Toti iniziò questo lungo ultimo viaggio, unico al mondo, nell'aprile 2001, quando, trainato da un rimorchiatore d’altura, lasciò la Sicilia (il porto di Augusta per la precisione), zona in cui si trovava la base navale per la sua zona di pattuglia, per risalire lo Stivale attraverso il Mar Ionio e poi il mare Adriatico, fino alla foce del fiume Po, nel porticciolo fluviale di Boretto in provincia di Reggio Emilia. Risalendo il Po, il Toti giunse al porto fluviale di Cremona, dove restò per ragioni logistiche per 4 anni.
Prima di incominciare il suo viaggio via terra verso Milano, il sottomarino subì un'azione di ridimensionamento, attraverso lo smontaggio di alcune parti e la rimozione della zavorra: prima che tutto iniziasse, il Toti pensava 536 tonnellate, dopo queste azioni “solo" 458 tonnellate.
Il viaggio da Cremona a Milano via terra durò in tutto 3 giorni, dall'8 agosto all'11 agosto 2005: per poterlo fare era stato costruito un enorme carrello, che trasportò il Toti dapprima attraverso le strade statali e poi per le vie di Milano, anche se per l'occasione nelle arterie meneghine furono rimossi diversi “ostacoli”.
Curiosità sul Toti
A cosa serviva
Come accennato, il Toti, quando veniva utilizzato dalla marina militare italiana, aveva il compito sia di pattugliare il Mar Mediterraneo, stando ben attento ai grandi sottomarini lanciamissili a propulsione nucleare che erano in dotazione all'Unione Sovietica e ai suoi Alleati del patto di Varsavia, sia di partecipare alle esercitazioni Nato. Nella pratica, il sottomarino non partecipò mai ad azioni di guerra, ma fu utilissimo nell'addestramento per via delle strumentazioni che possedeva nella sua dotazione: quando andò in “pensione”, aveva svolto 27030 ore di navigazione e percorso 137mila miglia nautiche.
Il nome
Il sottomarino è stato intitolato alla memoria di Enrico Toti, un personaggio storico che ricevette postuma la medaglia d'oro al valor militare. Enrico Toti fu un soldato irregolare nella prima guerra mondiale, e perse la vita sul Carso nel 1916, proprio durante un'azione bellica. Nel 1922, il suo corpo fu traslato per una sepoltura nella sua città d’origine, cioè a Roma, e la bara con i suoi resti venne colpita da proiettili, durante uno scontro tra gli anarchici e la Guardia Regia.
La struttura
Il Toti, per via della sua funzione peculiare di pattugliamento, era più piccolo di altri sottomarini o sommergibili. Tra le armi in dotazione aveva dei siluri elettrici filoguidati con testata autocercante, mentre per il “comfort” dei militari, eufemisticamente parlando, erano presenti delle brande, sulle quali i soldati si alternavano in turni prestabiliti, un sistema per il ricambio dell'aria, una luce che cambiava colore in base all’ora, di modo che i presenti si rendessero conto della differenza tra giorno e notte all’esterno e perfino una cucina, in cui un cuoco apposito poteva preparare diversi i piatti, purché non contenessero aglio: lo spazio era comunque troppo angusto per contemplare un rischio maleodorante.
Tra le curiosità peculiari del Toti, la presenza di due marmitte chiamate con due nomignoli siciliani, Turiddu e Iannuzzu. Come ha raccontato in un'intervista del 2015 sul sito Barche d’epoca e classiche il dottor Marco Iezzi, curatore della sezione Trasporti del Museo della Scienza: “Sono le marmitte dei due motori diesel di bordo. In realtà si tratta di generatori e non di motori che trasmettono movimento all’elica. Servono solo per generare corrente elettrica. […] Sono semplicemente i due nomi dati dall’equipaggio alle due marmitte e servono ad indicare, in qualche modo, il lato di dritta e di sinistra”.
Il sommergibile e il sottomarino con lo stesso nome
Come detto, il Toti è un sottomarino e non un sommergibile: è comune pensare che questi due termini siano sinonimi, ma il sommergibile è un'imbarcazione che può navigare sia in superficie che immergersi ma non per periodi prolungati, mentre il sottomarino naviga prevalentemente sott’acqua.
Due imbarcazioni nella storia italiana sono state intitolate a Enrico Toti: un sottomarino appunto, ma anche un sommergibile.
Il sommergibile Toti fu un'imbarcazione di guerra, ovvero uno dei quattro sommergibili di classe Balilla utilizzati a sostegno dei nazionalisti spagnoli nella Guerra civile. Varato nel 1925, partecipò inoltre alla Seconda Guerra Mondiale, affondando tra l’altro nel 1940 l’Hms Triad, sommergibile della Royal Navy.