I punti chiave
- James L. Gelvin, The Modern Middle East: A History, Oxford University Press, 2004
- Martin Gilbert, The Routledge Atlas of the Arab-Israeli Conflict, Routledge, 2002
- Bernard Lewis, La costruzione del Medio Oriente, Laterza, 2003
- Vittorio Dan Segre, ll poligono mediorientale: fine della questione arabo-israeliana?, Il Mulino, 1994
- Ugo Tramballi, L’Ulivo e le pietre, Tropea, 2002
Medio Oriente: quando lo specialista di storia navale americano Alfred Thayer Mahan coniò questo lemma nel 1902, non immaginava il destino a cui questa area del Pianeta sarebbe andata incontro. L'espressione utilizzata per indicare la regione compresa tra la Penisola araba e l'India, che per centro ha il Golfo Persico, venne immediatamente ripresa dal Times e, successivamente, dal governo britannico. Entrò rapidamente nell'uso comune, assieme alla più blasonata e antica nozione di "Vicino Oriente". Da allora, da più di cento anni, a queste due parole hanno fatto e fanno riferimento una pletora di studiosi, geografi, storici, commentatori, politici e giornalisti.
Dalla fine del Secondo conflitto mondiale in poi, quest'area dai margini geografici e culturali sfumati, divenne teatro delle scelte, delle non scelte, degli interessi e dei disinteressi delle grandi potenze, mandatarie e non, trasformandosi in un complesso diorama geopolitico, teatro secondario della Guerra fredda. Per questa ragione, la data simbolica del 1948-alla quale si fa risalire lo scoppio della prima delle guerre arabo-israeliane-è solo una delle tante pietre miliari di un caos che si può retrodatare fino alla prima diaspora ebraica, se si vuol comprendere davvero a fondo le dinamiche dell'oggi. Il conflitto tra israeliani e palestinesi, infatti, ha finito per fagocitare l'intero destino politico, così come la narrazione del Medio oriente contemporaneo, sebbene quest'ultimo sia attraversato e afflitto da un numero di vicende e sfumature che esulano dal "mero" scontro tra Israele e Palestina. Una vicenda che fomenta dal 1948 tifoserie da stadio, fondate su slogan e non sulla conoscenza di luoghi, persone, fatti, lingue, ma soprattutto delle fonti.
Qui di seguito cinque testi per districarsi con questi due temi, tra ricerca storica e giornalismo.
James L. Gelvin, The Modern Middle East: A History, Oxford University Press, 2004
James Gervin, grande studioso di Medio Oriente all'Università della California, ha realizzato un'opera che ha il pregio di essere riveduta e corretta costantemente. Questo testo esplora come le forze associate alla modernità globale hanno plasmato la vita politica e culturale del Medio Oriente negli ultimi 500 anni. L'autore analizza la fase in cui si svilupparono i primi sentimenti di tipo nazionalista e si andarono consolidando i primi sistemi economici nel corso del XVI secolo. Passando in rassegna l'impatto dell'età coloniale e delle sue eredità, giunge a raccontare le trasformazioni del Diciannovesimo secolo. Punto di arrivo della sua disamina sono le vicende contemporanee della regione, che includono la diplomazia internazionale, la crescita e la decrescita economica, l'emergere dei regimi autoritari e le varie forme di resistenza. L'intero libro è scritto con un linguaggio ammaliante, quasi da romanzo, ma soprattutto fornisce al lettore, anche il meno esperto, una serie di strumenti fondamentali per accompagnare la lettura: fotografie, mappe, schemi, documenti originali, appendici e importanti fonti primarie.
Martin Gilbert, The Routledge Atlas of the Arab-Israeli Conflict, Routledge, 2002
(Sir) Martin Gilbert è stato uno dei più grandi storici dello scorso secolo. Scomparso nel 2015, viene ricordato soprattutto per i suoi lavori sulla vita di Winston Churchill, ma anche e soprattutto per essersi dedicato alla storia del XX secolo con particolare attenzione alla storia degli ebrei e dell'Olocausto. L'atlante redatto da Gilbert per la Routledge, ha come obiettivo quello di spiegare attraverso 227 mappe l'intera storia del conflitto arabo-israeliano. L'opera prende il via dal racconto e analisi della presenza degli ebrei in Palestina prima della conquista araba, fino all'atteggiamento del Regno Unito nei confronti della Palestina a partire dal 1915. Passando poi per le sorti alterne del Piano per la Palestina del 1919 giunge a descrivere con dovizia di particolari il periodo che intercorre fra il piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947 e la nascita di Israele nel 1948. Offrendo una disamina tradizionale dei quattro episodi simbolo del conflitto israelo-palestinese, Gilbert giunge fino ai nostri giorni raccontando le due Intifada, la campagna incendiaria di Hezbollah nel 2006, le operazioni nella striscia di Gaza nel 2009 e il giorno della Nakba del 2011.
Bernard Lewis, La costruzione del Medio Oriente, Laterza, 2003
L'opera di Bernard Lewis è forse il libro simbolo sulla storia del Medio Oriente. Una sorta di manualetto scritto tuttavia da uno dei più grandi storici dell'Islam del secolo scorso. L'opera riveste un'enorme importanza nella storiografia sul conflitto arabo-israeliano, non solo perché è redatta con rara limpidezza da uno dei più grandi autori di Princeton, ma perché l'analisi dei fatti, l'equità, l'onestà intellettuale, l'autorevolezza dell'autore hanno fatto sì che questo testo, all'indomani della pubblicazione, fosse tradotto - contemporaneamente - in ebraico dal ministero della Difesa di Israele e in arabo dalla Fratellanza musulmana. Il nucleo del libro prende ispirazione da sei conferenze pubbliche tenute da Lewis all'Università dell'Indiana nella primavera del 1963. Il testo cerca di definire il Medio Oriente in quanto entità storica, geografica e culturale, ma soprattutto di mettere in luce il significato che l'Occidente ha avuto e continua ad avere per gli abitanti e i processi della regione. Una particolare attenzione è dedicata ai movimenti politici e intellettuali sviluppatisi in loco in età moderna e contemporanea: liberali e socialisti, patriottici e nazionalisti, e islamici. L'opera si compie con una disamina del ruolo dei Paesi mediorientali negli affari internazionali, chiudendosi con un'analisi di alcuni fattori che influiscono sulla politica occidentale nei loro confronto. Un testo che risulta sempre contemporaneo per la padronanza della materia, nello spazio e nel tempo.
Vittorio Dan Segre, ll poligono mediorientale: fine della questione arabo-israeliana?, Il Mulino, 1994
Vittorio Segre riunisce nella sua penna ciò che di meglio ha potuto dare sull'argomento in qualità di scrittore, diplomatico e giornalista dalla doppia anima, israeliana e italiana. Tra i fondatori, nel 1974, de Il Giornale assieme a Indro Montanelli, ha collaborato fino all'ultimo giorno al quotidiano, quando scomparve a 92 anni nel 2014. Approdato con curiosità al mondo di internet ha tenuto, anche questo fino all'ultimo, un blog (Lo sguardo di Dan) sul sito del quotidiano Nel Poligono mediorientale, l'autore non si limita a un'analisi cronologica degli eventi che hanno riguardato il Medio Oriente, approdando alla seconda metà del Novecento solo per raccontare l’esplosione del conflitto arabo-israeliano. Al contrario, Segre cala la questione palestinese nell'ampio quadro della regione mediorientale e delle fratture antiche e permanenti di tipo geografico, economico, religioso e politico che da sempre animano quest'area del pianeta. E lo fa con maestria, andando al di là delle vicende coloniali e legate alla Guerra fredda e le sue conseguenze. Alla luce di queste premesse, analizza il momento storico dell'accordo di Washington tra Israele e Olp, nonché l’epocale passaggio di Gaza e Gerico sotto il controllo palestinese. Ironia amara del destino, il libro venne pubblicato poco più di un anno prima della morte Yitzakh Rabin: l'uomo che rappresentò l’ultima occasione di pace degli ultimi trent’anni.
Ugo Tramballi, L’Ulivo e le pietre, Tropea, 2002
Ugo Tramballi, giornalista e inviato di guerra, e ed è stata penna preziosa di numerose pagine italiane: tra queste anche Il Giornale, a cui approdò nel 1976. Tra il 1983 e il 1987, è stato corrispondente di guerra in Libano, Iran, Iraq e Afghanistan. L’Ulivo e le pietre è un libro commovente e attento, che oltre alla precisione storica viene dal racconto in presa diretta dell'autore. Un’opera che più che di poteri, potenti e istituzioni parla di uomini e donne. Il racconto aiuta a penetrare nelle menti, nella cultura e nello spirito di israeliani e palestinesi, di differenti classi sociali, nella cornice delle amicizie e degli incontri che l'autore ha vissuto in prima persona. Un'altra chiave di lettura per interpretare le vicende politiche e belliche che fanno da sfondo, come l'Intifada, narrata non solo attraverso le scelte politiche e la violenza delle armi, ma episodi di vita quotidiana. Una carrellata di storie con la “s” minuscola incastonate dentro la storia con la “s” maiuscola.
Tramballi rende onore all'imbianchino Abed disinteressato alla politica, al commentatore politico israeliano Nahum che perdona il kamikaze che ha ucciso suo figlio, ai racconti di Neama e alla sua infanzia a sud di Tel Aviv. Un punto di vista fondamentale che tiene conto dei sentimenti popolari, quasi sempre divergenti dalle scelte politiche dei "grandi".
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