Francesca Albanese rilancia. Il 4 dicembre Antonio Padellaro, in un commento sul Fatto Quotidiano, aveva rivolto critiche al Partito Democratico in relazione alla posizione assunta nei confronti della relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei territori palestinesi. Nel suo intervento, Padellaro sosteneva che Albanese, "forse perché toccata da inaspettata e insperata popolarità, capita di straparlare", richiamando alcuni episodi a suo avviso significativi. La replica non è tardata ad arrivare.
La Albanese ha risposto oggi con una lettera al quotidiano, rivendicando il proprio lavoro e la propria indipendenza di giudizio. "Non credo di 'straparlare': esprimo ciò che penso, rendendomi disponibile a rispondere a giornalisti di tutto il mondo ogni giorno, tra continue conferenze e un delicato lavoro di inchiesta che da tre anni mi porta a confrontarmi con istituzioni, accademie e società civile dei cinque continenti. Le mie posizioni sono il frutto di studio, esperienza sul campo e un mandato Onu che non si improvvisa" ,il suo affondo iniziale.
Nel testo, la Albanese è tornata anche sulle polemiche nate dopo le sue parole sull'assalto alla Stampa, respingendo le interpretazioni che le sono state attribuite: "Non ho mai – MAI – auspicato violenza contro chicchessia (come potrei io che da una vita mi batto contro la violenza in tutte le sue forme?), né inteso che ciò che è accaduto servisse da 'avvertimento' ai giornalisti, come qualcuno ha fantasiosamente suggerito, pontificando sulla parola 'monito' e sul virgolettato trasfigurato ad arte all’interno del quale è stato fatto circolare". Ha poi tenuto a chiarire che il suo intervento era rivolto a sottolineare "la necessità di riflettere sul diffuso clima di imprecisione, superficialità e violenza verbale ed epistemica consolidatosi in Italia, di cui la copertura mediatica della Palestina è esempio", aggiungendo che si tratta di un contesto "da cui tutti dovremmo difenderci, ciascuno facendo il proprio lavoro con rigore".
La Albanese è intervenuta anche sul tema della sua visibilità pubblica, ritenuta tutt’altro che desiderata: "Ne farei, anzi, molto volentieri a meno, dato che è il frutto dell’essere divenuta testimone – quasi oculare – di un genocidio, e delle persecuzioni seguite alle denunce che il mio ruolo mi impone di formulare. Trovo infatti che l’attuale rumore attorno alla mia persona stia servendo a continuare a ignorare i crimini incessanti di Israele e, insieme, a non raccontare la straordinaria presa di coscienza che sta attraversando l’Italia".
La Albanese ha chiuso la sua missiva sottolineando l’importanza del dialogo pubblico: "La ringrazio comunque per aver posto la questione con misura.
Il confronto civile resta essenziale, soprattutto ora, mentre la libertà di parola si restringe e mentre, altrove, si muore per raccontare la verità. Io continuerò a fare il mio lavoro, con rigore e senza infingimenti, come si addice a chi cerca di servire il diritto, incurante dell’opportunità del momento".