
La Cina conquisterà Taiwan con un'offensiva militare massiccia, stile sbarco in Normandia, mobilitando navi da guerra e aerei da guerra, droni e veicoli anfibi? Non è affatto detto. Gli analisti sono infatti sempre più convinti che uno scenario del genere sia appannaggio di una pianificazione militare statunitense e che questo potrebbe portare Washington a fraintendere i reali calcoli di Pechino. Hanno provato recentemente a dimostrarlo una trentina di esperti internazionali riunitisi alla Syracuse University per realizzare un particolare wargame sull'invasione cinese di Taiwan calandosi nella mentalità cinese. L'obiettivo della simulazione? Comprendere le intenzioni del Dragone, prestare attenzione a percorsi militari alternativi, anticipare eventuali calcoli politici nemici.
Il wargame sull'invasione di Taiwan
Il suddetto wargame, come ha fatto notare War on the Rocks, ha messo in luce un punto cieco nella strategia Usa su Taiwan: la scarsa attenzione al modo in cui Pechino potrebbe concettualmente affrontare la questione, privilegiando un approccio politico-militare anziché una semplice invasione. La simulazione, con partecipanti di alto livello - tra cui ex funzionari statunitensi, militari, accademici e conoscitori dell'apparato cinese - è stata progettata per esplorare i dilemmi reali della leadership di Pechino. La domanda principale per il Dragone è una: come costringere Taipei alla resa senza provocare l'intervento degli Stati Uniti?
Sono emersi tre scenari principali: coercizione missilistica con ultimatum, escalation graduale (senza colpire forze Usa) e un attacco lampo per isolare la "provincia ribelle". Tutti evidenziano un rischio per Washington: prepararsi a una guerra convenzionale, perdere tempo e sprecare risorse, mentre la Cina si sta preparando a ben altro. La maggior parte dei wargame statunitensi si concentra infatti sulle interazioni militari operative e tattiche: movimenti navali, salve di missili, conteggio delle vittime, percentuale di truppe cinesi sbarcate nel nord di Taiwan rispetto al sud. L'attenzione è prevalentemente rivolta allo scenario di invasione. Che potrebbe però non verificarsi...
Mentalità cinese
Attaccare le forze Usa è in effetti un'azione che avrebbe poco senso strategico nell'ottica della Cina. Eppure questa è l'ipotesi per eccellenza sostenuta dal gotha degli analisti mondiali: Pechino, prima o poi, lancerà un attacco preventivo a sorpresa contro le forze statunitensi. Ma perché il gigante asiatico dovrebbe iniziare una guerra contro Washington quando potrebbe evitarla?
Non è detto che i cinesi effettuino blitz contro basi Usa. È probabile, nel caso in cui volesse usare la forza, che l'esercito del Dragone sferri attacchi missilistici contro le infrastrutture strategiche di Taiwan, puntando sul probabile non coinvolgimento americano nella vicenda e offrendo condizioni di resa favorevoli al nemico. O ancora: la Cina potrebbe sempre cercare la ben più complessa vittoria politica.
Non sappiamo, ovviamente, che cosa succederà. Ma sembra quanto mai logico sottolineare come la deterrenza di Taiwan non possa concentrarsi esclusivamente sulla repressione di un'invasione cinese.
Se la strategia teorica preferita di Pechino prevede attacchi limitati e coercizione politica, allora Taipei ha bisogno di prepararsi anche contro le campagne di pressione. Detto altrimenti, per Taipei significa rafforzare le infrastrutture critiche, preparare psicologicamente la popolazione (come sta avvenendo) e mantenere l'unità politica in condizioni di stress estremo.