"Periferie fuori controllo". Aggredito dal branco Jonathan Bazzi

Lo scrittore ha raccontato la sua esperienza su Twitter e nel corso di un'intervista concessa a Fanpage: "Territorio fuori controllo

"Periferie fuori controllo". Aggredito dal branco Jonathan Bazzi

Ha subito un'aggressione mentre camminava tranquillamente per le strade di Rozzano: a denunciare l'episodio e le condizioni in cui versa l'hinterland milanese sul suo profilo Twitter è la stessa vittima, lo scrittore Jonathan Bazzi. L'episodio risale al pomeriggio di ieri, sabato 17 dicembre.

La denuncia su Twitter

"Oggi siamo stati a Rozzano con quello che sarà il regista di Febbre e, mentre passeggiavamo scattando delle foto, siamo stati aggrediti da un gruppo di ragazzini in monopattino", racconta ai suoi follower lo scrittore. Altri giovani si aggiungono ai primi aggressori, dopo di che inizia una vera e propria caccia all'uomo. "Ci hanno inseguito per una ventina di minuti, urlando e lanciandoci palle di neve sintetica (presa dalla pista di pattinaggio), che per fortuna, data la densità, non ci hanno raggiunto, e lattine piene, che invece l'hanno fatto", prosegue Bazzi.

Tanta la paura, così come la delusione di constatare che il posto in cui è nato non sia mai cambiato rispetto agli anni della sua giovinezza. I politici e i residenti, a detta sua, continuano a negare l'esistenza di questi problemi che perdurano da anni."Il mancato rapporto con la verità è la piaga dei posti come Rozzano, l'istanza condivisa dai più è il ripiegamento omertoso", accusa.

L'intervista a Fanpage

Concetti ribaditi anche nel corso di un'intervista concessa a Fanpage. La scelta di visitare Rozzano era arrivata dal regista che si occuperà di girare il film tratto dal suo celebre romanzo "Febbre": "Voleva vedere le strade, i palazzi dove sono cresciuto". Ma la presenza di telecamere e macchine fotografiche attira immediatamente l'attenzione, come già accaduto allo scrittore in altre simili circostanze: "C'è il passaparola, si avvisano tutti tra di loro: un clima di allerta generale". In questa circostanza, tuttavia, le conseguenze sono più gravi.

Una volta giunti nella piazza del Comune, luogo di spaccio, sono stati individuati da due ragazzini, allertati, secondo Bazzi, proprio dalla presenza di macchine fotografiche."Hanno chiamato i rinforzi. Sei, sette, otto a seguirci, urlarci contro, tirarci le palle di neve e gli oggetti, tra cui lattine piene", racconta lo scrittore, "e tutto questo per venti minuti. Ragazzini di età dai 13/14 ai 17/18 anni al massimo, adolescenti".

Forse l'aggressione era motivata dal timore che si potesse trattare di giornalisti. Un rischio per gli spacciatori della zona."Il mio ragazzo, quando li abbiamo seminati, ha detto: avrei anche reagito, ma in un posto come questo non puoi mai sapere", prosegue Bazzi. "E nonostante il racconto che ne fanno le cronache, ha perfettamente ragione. Qui accoltellamenti, colpi di pistola che partono e aggressioni violente sono all'ordine del giorno", aggiunge.

A Rozzano, quindi, permane una condizione di allerta perenne e di clima violento, secondo lo scrittore."La sensazione è quella di essere in un territorio fuori controllo, abbandonato a sé stesso. Un territorio dove si crede di poter fare ciò che si vuole e di poter cacciare a proprio piacimento chi non è gradito", attacca ancora, "sono gli scenari che nell'immaginario comune appartengono a certi rioni e certe realtà del Sud, non alle porte di Milano".

Residenti e politici locali minimizzano i problemi della zona, spiegando che la situazione rispetto agli anni '70 è cambiata, precisa Bazzi, "ma non è vero". "Si è creato un microcosmo, un mondo a sé: non c'è qualche delinquente, qualche situazione problematica. Sono tantissime. Un dato: Rozzano ha il più alto tasso di dispersione scolastica del Centro-Nord" dichiara ancora.

L'ostacolo più grande al cambiamento sarebbe rappresentato dal fatto che nessuno vuole ammettere la gravità di ciò che accade.

Un atteggiamento condiviso"sia da chi governa, visto che ammettere significa doversi impegnare a cambiare le cose, e magari o non lo si sa fare o non lo si vuole fare, sia spesso da chi vive qui, che si sente appartenere a questo contesto", conclude lo scrittore.

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