"Mi aiuti". Il tranviere-killer di Jessica Faoro inonda il padre di lettere dal carcere

A cinque anni dall’omicidio della 19enne a Milano, il padre della vittima riceve ancora lettere dal killer Alessandro Garlaschi. In queste gli chiede aiuto per provare la sua innocenza

"Mi aiuti". Il tranviere-killer di Jessica Faoro inonda il padre di lettere dal carcere
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Jessica Faoro è stata uccisa da Alessandro Garlaschi la sera del 7 febbraio 2018, all’interno dell’appartamento dell’uomo, che l’aveva ospitata in cambio di lavori da svolgere in casa. Garlaschi aveva tentato numerose volte di avvicinarsi alla ragazza, avances che lei aveva continuato a bloccare, finché quella sera, all’ennesimo rifiuto, l’uomo l’ha massacrata con 85 coltellate. Garlaschi ha poi cercato di bruciare il corpo di Jessica, senza successo.

A cinque anni dal delitto e a due dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato l’ergastolo per Garlaschi, l’omicida continua a scrivere al padre di Jessica, Stefano Faoro. Numerose sono le lettere che gli invia dal carcere, Faoro, infatti, aveva già spiegato che Garlaschi gli scrive chiedendogli di “posare dei fiori o delle candele sulla tomba di Jessica” e spiegandogli di “non ricordarsi nulla, di non chiedere scusa e di non essere stato lui”.

Busta lettera Garlaschi

Dopo un lungo intervallo, il 23 maggio di quest'anno a casa di Faoro è giunta una nuova lettera, risalente al 14 maggio. “Gentile Stefano, le scrivo dopo molto tempo per due motivi”. Inizia così, scritta a penna nera, in stampatello, su un foglio a righe. “Lei dice che non mi perdonerà mai, io non voglio il suo perdono ma il suo aiuto per scoprire la verità in quanto non mi ritengo colpevole. Se il suo avvocato analizzasse l’intero fascicolo scoprirebbe che il giorno che è uscita la scientifica c’era la presenza di dna di un terzo sconosciuto, e dai reperti sequestrati risulta solo un coltello con le tracce di sangue. L’altro non ne ha quindi dov’è? La seconda arma?”

Lettera Garlaschi

Dunque, di fronte ad una sentenza di Cassazione, che ha peraltro dichiarato che gli appelli presentati dalla difesa fossero "tutti manifestamente infondati", Garlaschi continua a ribadire di essere innocente. “Non mi ha mai chiesto scusa e ora mi chiede di liberarlo dal carcere”, commenta Faoro, sentito da ilGiornale.it. Ma gli indizi che cita per comprovare la sua tesi, risultano infondanti: nella sentenza di Cassazione, infatti, sono contenuti i dettagli dei coltelli utilizzati. “Uno della lunghezza di cm 34 con lama di cm 20, l'altro della lunghezza di cm 21 con lama di cm 8”, non risulta vero, quindi, che una delle due armi utilizzate per uccidere Jessica non è mai stata trovata. Per quanto riguarda la presunta terza traccia del dna, invece, Faoro spiega che era “talmente poca che non era neanche possibile verificare se si trattasse di dna umano o animale, tanto che si era pensato fosse del cane di Jessica, Zeno”.

Lettera Garlaschi

Garlaschi presenta poi ulteriori richieste: “Io non posso riaprire il caso perché per una revisione vogliono 50mila euro quindi se vuole sapere la verità smuova lei i giornalisti e il suo avvocato”. E aggiunge: “Io credo che iniziando a collaborare riusciremo a far uscire la verità”. Ma Faoro rimane freddo davanti a tali pretese. “Questi sono problemi suoi”, commenta, in tono molto secco. “Se non ha i soldi per riaprire il caso, perché dovrei aiutarlo io dopo quello che ha fatto? Poi il caso è chiuso, per me e per i giudici è lui il colpevole”.

Lettera Garlaschi

Come se non bastasse, Garlaschi ha un ultimo desiderio, forse quello più oltraggioso: “Inoltre la volevo avvisare che non mi hanno concesso di fare visita al cimitero di sua figlia mi faccia sapere innanzitutto in che cimitero è stata sepolta e il numero del loculo e dell’ossario”. Non specifica la motivazione di una tale richiesta, forse è per poter mandare un mazzo di fiori come ha chiesto numerose volte al padre di Jessica, ma naturalmente Faoro non ha intenzione di dargli una tale informazione. Anche perché, in tutto questo tempo, non ha mai risposto a una singola delle lettere inviategli.

Alla richiesta se avesse mai pensato di bloccarle, risponde: “Si tratta di una procedura molto lunga e, a quanto mi risulta, ha anche un costo. In questo modo almeno so dove si trova, il più possibile lontano da me e dalla mia famiglia”.

Lettera Garlaschi

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