Cronaca locale

Casa, auto, stadio, sport. Ecco tutto ciò che in città è diventato impossibile

Sempre più paletti con cui ci si illude di risolvere problemi che invece restano. E così molti fuggono perché il costo della vita è insostenibile, perché si sentono insicuri o perché non sanno più come muoversi o posteggiare

Casa, auto, stadio, sport. Ecco tutto ciò che in città è diventato impossibile
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Traffico

È tutta una lunga sequenza di stop e divieti. Iniziati con Area C, poi allargati anche nella più spaziosa Area B ma sempre in divenire, nonostante i numeri abbiano dimostrato che i vantaggi sono veramente in percentuali microscopiche: la diminuzione del traffico con l'avvio di Area B, per esempio, ha oscillato tra l'uno e il due per cento. Un nulla. Eppure non quanto basta per non aggiungere altri «no». I prossimi sono già pronti ad arrivare. E ovviamente a mettere le mani in tasca ai milanesi, oltre che a complicare a tutti ulteriormente la vita. Ora da segnare sull'agenda, come prima data c'è il 30 ottobre con l'ulteriore balzello che va a ritoccare il costo dell'ingresso in Area C. Non di qualche spicciolo, ma del 50 per cento del prezzo attualmente in vigore. Invece di 5 euro, quindi da lunedì prossimo chi dovrà entrare in centro, dovrà pagare 7,50 euro. Stangata anche per i veicoli di servizio, cioè chi lavora, che dovrà pagare non più 3 euro ma 4,50. Ma la crociata contro le auto, 24 ore dopo, segna già un altro «no»: dentro la Cerchia dei Bastioni il parcheggio sarà concesso solo per due ore. Dopo 120 minuti strisce blu vietate per tutti, dalle 8 alle 19. Nessuna possibilità di deroga per nessuno. E in nessun giorno della settimana. Sabati, domeniche, visite mediche, ritardo di un appuntamento: non ce n'è per nessuno.

Biciclette

Ormai andare in bici a Milano è un atto di eroismo. O di sprezzo del pericolo. Per quanto riguarda biciclette e ciclisti, le decisioni prese sono un «assolutamente sì» che, come un boomerang, si è trasformato in un «assolutamente no». L'idea era chiara: far scendere tutti dalle auto per far salire tutti sulle due ruote, o sul monopattino o andare a piedi. Più che un'idea è stata un'imposizione, ma alla fine ha provocato esattamente l'effetto opposto. Milano ha perso la «maglia rosa» ed ha indossato la maglia più nera che c'è. Sono 27 tra pedoni e ciclisti che hanno perso la vita dall'inizio dell'anno nelle strade della città. Così, non solo non sono aumentati i milanesi che hanno preferito lasciare parcheggiata l'auto sotto casa per prendere la bicicletta, ma sono sempre di più quelli che andavano a scuola o al lavoro con la bici e che ora non lo fanno più. Lo ha certificato recentemente Legambiente, misurando il fallimento di una politica che si è rivelata più ideologica che concreta. Un terzo di chi viaggiava quotidianamente su due ruote, ha smesso. Nonostante Milano sia la città che conta il maggior numero di (finte) piste ciclabili, nonostante i «no» alle auto, giocati a colpi di zone a 30 all'ora e marciapiedi ingigantiti che producono l'unico risultato di mettere in difficoltà sia le auto che le biciclette, costrette a convivere in spazi comuni totalmente inadeguati.

Divertimento e giovani

Troppa confusione? I residenti protestano? La movida è fuori controllo? Giù le saracinesche. E poco importa se poi, mentre i locali devono rispettare le regole e quindi chiudono disciplinatamente i dehor per non beccarsi le sanzioni, in strada la baldoria continua, la birra continua a scorrere e si canta a squarciagola fino alle 2 di notte. È questo, infatti, per il momento l'effetto della nuova ordinanza entrata in vigore e applicata da venerdì scorso in una delle zone calde della movida, quella di Porta Venezia - Lazzaretto. Una zona dove i residenti da tempo pretendono (anche a colpi di carta bollata contro il Comune) che venga garantito il loro sacrosanto diritto a sonni tranquilli, e i bar il loro altrettanto sacrosanto diritto al lavoro. Tutti chiedono che vengano arginate le scorribande e che il quartiere possa vivere nel rispetto di tutti. Ma l'ordinanza ha trovato il modo di scontentare entrambi. «Come ampiamente detto e previsto - raccontano i residenti - non ha inciso minimamente sulla vivibilità delle nostre vie. Anzi aumenta solo la frustrazione dei cittadini che si sentono presi ancora più in giro». Stessa sensazione per i titolari dei locali: «Un caos», commentano mostrando video con tutti i dehor chiusi, le seggiole, ripiegate, i tavolini messi di lato e in mezzo alla strada centinaia di ragazzi che continuano a fare quello che hanno sempre fatto. Nonostante i «no».

Sport

Lo sport per molte famiglie sta sempre più diventando un lusso perchè tra impianti pubblici e privati i prezzi, soprattutto dopo la pandemia e la crisi energetica che ci ha «regalato» la Guerra in Ucraina, sono lievitati. Non solo. In città la situazione degli impianti non è rassicurante. Da qualche settimana ha chiuso centro sportivo Saini, fiore all'occhiello di Milanosport, un impianto da 160 mila metri quadri utilizzate da tantissime società sportive dal calcio all'atletica, dal nuoto al baseball fino alle attività paralimpiche. Due anni di lavori per poi affidarlo alla Statale che ne farà un polo sportivo universitario ma aperto alla città con un sostanzioso investimento da 36 milioni. Un addio che si aggiunge a quelli del Lido, della Scarioni, dell'Argelati loro pure chiuse per cambi di gestione e ristrutturazioni più o meno in corso. Lo sport a Milano «annaspa» con un grido di dolore che arriva da tante società sportive costrette a fare i salti mortali per trovare impianti, slot e spazi per far allenare i propri giovani e a fare i conti con tariffe ormai proibitive. Pessimo segnale e pessimo biglietto da visita per una città che continua ad appassionarsi al dibattito del nuovo stadio ma da tempo non può più contare neppure sull'Agorà, il palaghiaccio chiuso perchè il gestore non riusciva più a pagare le bollette, e che da più di dieci anni, fatta salva la tormentata ristrutturazione dell'ex Palalido, non riesce ad aprire un impianto sportivo nuovo.

Mercato immobiliare

Come è possibile che Milano si sia ritrovata con le tende degli universitari in piazza? Come è possibile che una città che guarda all'Europa, che vanta i migliori Atenei, che punta a primeggiare, che vuole attirare i migliori studenti, che colleziona primi posti in ogni settore, all'improvviso si sia trovata a fare i conti con gli studenti a far da cassa di risonanza a un problema che era già dilagante? I prezzi delle case a Milano sono sfuggiti di mano, di portafoglio, di cassa. Un balzo incontrollato che supera il 40 per cento. Secondo le analisi dell'Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa, negli ultimi cinque anni, i prezzi della città di Milano sono aumentati del 43,2%. I prezzi al metro quadro nelle zone centrali sono proibitivi, ma a essere proibitivi a poco a poco sono diventati anche i prezzi delle prime, e anche delle seconde periferie. Prezzi con un più 49% specie nelle più gettonate, ovviamente quelle collegate con la metropolitana, quindi San Siro, Cenisio, Forlanini, Baggio, Bicocca, Niguarda, Forze Armate. C'è chi è costretto tutti i giorni a fare avanti e indietro persino da Novara o anche da Pavia perché pur lavorando a Milano non può permettersi un alloggio nella metropoli. Servono quasi 17 anni di stipendio oggi (aveva fatto i conti Assoutenti) per diventare proprietari di 70 metri quadri. Un lusso al quale la maggior parte dei milanesi deve dire «no».

Mezzi pubblici

Era uno dei fiori all'occhiello meneghini. Nessuna città aveva i mezzi che funzionavano così bene come Milano. Ora: non si può dire che oggi non funzionino ma sicuramente qualcosa ha cominciato a scricchiolare. Bene ma non benissimo. Anzi non tanto bene. Sono più cari e ce n'è sempre di meno. In questo caso il «no» sui binari si è tradotto in tagli: il 3 per cento delle corse in meno da gennaio scorso. «Razionalizzazione» è stata chiamata. Ma quel che c'è di razionale è difficile da percepire per chi si è visto diminuire il passaggio del bus per arrivare in tempo al lavoro o a scuola e contemporaneamente aumentare il prezzo del biglietto. Da gennaio è infatti anche scattato un ulteriore balzello, da 2 a 2 euro e 20 centesimi. Sempre più obbligati ad attaccarsi al tram, o anche a bus e metro, i milanesi sono così costretti anche a restare alla fermata ad aspettare per decine di minuti che la notte diventano mezz'ore. A complicare ulteriormente il quadro, ora è anche la carenza di autisti. Sono circa 300 quelli che mancano per far funzionare le co(r)se come dovrebbero. La coperta è sempre più corta, le attese sempre più lunghe e la gestione dei problemi sempre più fantasiosa: l'ultima trovata di Atm è stata quella di andare a reclutare il personale nei parcheggi dei centri commerciali dove aver lanciato un sos al consolato ecuadoriano.

Sicurezza

Ci sono voluti volti noti e personaggi famosi per poter sentire dire al sindaco Sala che «sì, a Milano la sicurezza è un problema». Prima è stato semplicemente un «no», non c'è problema, eventualmente è solo una «percezione» di insicurezza. E quindi non c'è bisogno di fare alcunchè. Poi c'è stata la Ferragni («la situazione è fuori controllo», ha detto ai suoi milioni di follower) e dopo Bertolino e Boldi e poi ancora altri. Finché dal «non fare» il primo cittadino, che governa questa città dal 2016, qualche giorno fa è passato a rimettere il problema addirittura nelle mani esperte dell'ex capo della polizia Franco Gabrielli. Ieri l'ultima aggressione denunciata via social da Eleonoire Casalegno, inseguita a Porta Nuova, in pieno centro, da uno squilibrato alle 11 del mattino. «Questa città è diventata invivibile: c'è da aver paura. Si ha paura di andare in centro, di passeggiare in pieno giorno», ha scritto al sindaco Sala. In settimana su TikTok, alcune ragazze tra le lacrime hanno denunciato di aver dovuto chiedere aiuto a provvidenziali tassisti perché inseguite da qualcuno, in qualche parte della città. Per non parlare delle baby gang, che di baby non hanno più nulla. Ora i problemi relegati in periferia, sono arrivati in centro. E all'improvviso sono diventati visibili.

Ora sono i milanesi che si trovano costretti a dire «no», e qualche volta ad arrendersi alla paura di uscire.

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