Cronaca locale

Morì a 39 anni per un intervento di estetica: chirurgo condannato

La vittima, Maria Teresa Avallone, andò in arresto cardiaco poco dopo la somministrazione dell'anestesia

Morì a 39 anni per un intervento di estetica: chirurgo condannato

Morì a 39 anni a causa di complicazioni avvenute durante le prime fasi di un intervento di chirurgia estetica a cui aveva deciso di sottoporsi: ora, a distanza di quattro anni, arriva la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione per il medico.

Cosa accadde

Per ricostruire la vicenda bisogna fare un passo indietro fino al 2019, quando Maria Teresa Avallone, originaria di Salerno ma da qualche tempo residente a Desio (Monza), decise di rivolgersi a un ambulatorio medico privato di Seregno per un intervento estetico. Si trattava, per la precisione, di una procedura di lifting dei glutei tramite l'utilizzo di fili di sospensione sottocutanei. A svolgere l'operazione, programmata per il mese di marzo, il dottor Maurizio Cananzi.

Il giorno dell'intervento chirurgico nell'ambulatorio c'erano esclusivamente la paziente e il chirurgo il quale, seguendo la procedura prevista, iniziò a praticare l'anestesia alla 39enne. Secondo quanto ricostruito in aula, questa fase fu eseguita correttamente dal dottor Canazi, che si trovò tuttavia a dover affrontare un'imprevista emergenza. La donna, infatti, ebbe un malore e finì in arresto cardiaco. Purtroppo ogni tentativo di salvarle la vita all'interno del San Gerardo di Monza risultò vano: Maria Teresa Avallone, che lavorava al Cup dell'ospedale San Raffaele di Milano, spirò infatti dopo tre giorni di coma.

Il processo

Si aprì quindi la fase processuale per risalire a eventuali responsabilità da parte del chirurgo, che fu indagato per omicidio colposo. Secondo il pubblico ministero Sara Mantovani, che aveva richiesto al giudice una condanna a due anni di reclusione per il professionista, Maria Teresa Avallone "si sarebbe potuta salvare con l’uso del defibrillatore", e quindi con una"gestione corretta della crisi" avvenuta poco dopo la somministrazione dell'anestesia. Una tesi, questa, che è stata supportata dalle conclusioni raggiunte da un pool composto da tre periti nominati ad hoc dallo stesso giudice del tribunale di Monza Ottone De Marchi: il defibrillatore sarebbe potuto risultare determinante a salvare la vita alla 39enne.

Il dottor Maurizio Cananzi, difeso in aula dall'avvocato Augusto Colucci, ha fin da subito proclamato la propria innocenza, sostenendo invece che la vita della donna, in ragione dei parametri registrati, non si sarebbe potuta salvare.

Per il professionista è arrivata la condanna con pena sospesa a un anno e quattro mesi di reclusione, mentre ai familiari della vittima è stata riconosciuta una provvisionale di 80mila euro.

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